E'
dalla reinterpretazione più recente (e volgare) dell'epoca dei
lumi che una sorta di ansia da prestazione di ambito
“creazionista” angoscia gli spiriti più “vivaci”
dell'umanità. Nel senso più semplice, elementare, di bisogno di
reinventare – marcandolo – quel sistema chiuso (fisicamente,
morfologicamente), chiuso e conseguentemente con dei propri limiti,
che è il mondo. Marcarlo apportandogli modifiche, migliorie, verso
quella perfezione che solamente le moderne umane conoscenze e
tecnologie rendono possibile, in un interminabile processo in cui la
natura di volta in volta ostile, nemica, alleata, madre oppure
matrigna viene asservita ai più fantasiosi disegni “economici”.
Così
leggo i commenti estivi – con le posizioni le più varie (dal
sentimentale al cinico) – relativi alla questione del transito nei
canali di Venezia dei grandi battelli da crociera. Leggo di un
progetto di modifica di quegli stessi canali (da scavare per
consentire un agevole accesso a vascelli di grande tonnellaggio,
opere di scavo all'interno di un sistema idraulico dei più
articolati e delicati, sistema idraulico e struttura geologica
fondale, un sistema che della precarietà del proprio equilibrio si è
nutrito, anche esteticamente, per secoli) e mi viene in mente, nella
valutazione dell'infantile delirio di onnipotenza che ad un tale
progetto è sotteso, la profondità del delirio di onnipotenza di
questi burocrati che avrebbero il compito di gestire il territorio,
l'economia e le città, il compito di pianificare, avventuristi,
nella gara di opinioni e “buone intenzioni” di architetti e
paesaggisti, e nella loro patetica ansia di apparire, mi viene in
mente Isabelle Eberhardt...
E che
c'entra Isabelle Eberhardt? Il solito Borelli fissato con l'Africa ed
i nomadi di ogni colore razza ed epoca...Che c'entra con Venezia
(acqua) l'oasi di Ain Sefra (deserto) dove Isabelle muore
nell'ottobre 1904? E' la metafora della presunzione dell'uomo,
l'uomo che immagina di piegare la natura alle proprie esigenze, più
semplicemente ne trascura le regole, i cicli. Isabelle come altri
disgraziati mette in piedi la propria zeriba nel letto asciutto
dell'oued che traversa l'oasi, vive là, fino a che una notte l'oued
si rianima, da triste e periferico arido ricettacolo di “residui”
della comunità ritrova la propria selvaggia dignità, torna fiume
tumultuoso, non si interessa dei desideri, dei modesti progetti,
degli ingenui sogni di quei derelitti, nemmeno degni di pochi metri
quadrati di sabbia al sicuro del palmeto, li spazza via brutale e
risoluto.
Viene
in mente Amitav Ghosh ed il suo bellissimo “il paese delle
maree” ove l'ostinazione della sapienza coloniale per una
scelta (la creazione di un porto in un luogo sbagliato) viene
sconfitta dalla natura.
Il
delirio continua, l'uomo per definizione imperfetto
(come imperfetto è il suo mondo) è divenuto – per le
suddette varie molteplici e generiche e genetiche carenze strutturali
– insopportabile alla stessa umanità, nel corso di una
trasmissione radiofonica (Radio Deejay, primavera scorsa, giorno
imprecisabile, ore 15 più o meno...) due geni della comunicazione (e
della divulgazione scientifica, nello specifico), tali Frank
(affettata cadenza toscana) e SarahJane (elegante conseguenza
genetica di qualche serial stile Dallas o Beautiful), dissertano
dottamente sulla fantastica scoperta di un qualche scienziato
sudcoreano: un microchip atto ad indurre nell'uomo la secrezione
comandata di enzimi od ormoni ( endorfine ecc.) . L'utilizzo di tale
tecnologia, il microchip ha dimensioni di un capello e può
agevolmente venire allocato nella parte di cervello opportuna, può
consentire di influire sugli stati d'animo del soggetto. “Fantastico”
riflette a voce alta (e già il fatto che rifletta ci stupisce) la
SarahJane”in questo modo sarà possibile guarire la depressione, un
click sulla tastiera di un computer e via...tutti di buon umore....”
Vado a memoria perché guidavo mentre ascoltavo questi due dementi
(eminenti) antropologi ma il tenore ed il senso dei loro commenti è
esattamente questo. Tutto sommato perfettamente allineato alla
visione che del BRAIN PROJECT (Brain Research Through Advancing
Innovative Neurotechnologies) hanno i filantropi del Pentagono,
principali sostenitori di questo progetto di ricerca (forse per i più
nemmeno particolarmente terrificante tra i tanti deliranti programmi
di strategia egemonica, ma sicuramente uno dei più ambiziosi e
definitivi). Il BRAIN, curiosamente acronimo e tema-oggetto,
prefigura una bazzecola quale il controllo della mente, ne prefigura
la manipolazione, la “creazione” di una “sinergia” tra la
materia grigia biologica dei soggetti umani – ridotti a contenitore
pressoché decerebrato – e una memoria informatizzata, una
conoscenza comandata. (Ricordiamoci quindi, come nei più dozzinali
film di licantropi e zombies, che il punto debole di questi futuri
automi è solamente il sarcofago del cranio...).
Io
non credo che il progresso della medicina si sostanzi in queste
degenerazioni, credo che in questi episodi si pongano presupposti ben
più che teorici per un qualcosa di assolutamente inquietante. Io non
voglio questi superuomini/miniuomini, soggetti/oggetti a comando,
senza coscienza propria, frutto della demenza e della presunzione e
dell'impotenza di quattro generali pervertiti, di quattrocento
affaristi maledetti.
Ma
cosa hanno subìto di così orrendo nel corso della loro vita per
odiare così l'umanità, l'uomo?
Nel
frattempo, mentre in Italia anche i quotidiani più autorevoli (il
Fatto Quotidiano) iniziano a trasformarsi in copie “agili” del
rotocalco gossipparo di Alfonso Signorini e ad inseguire all'infinito
lo stesso monotono tema dell'eterno bandito Berlusconi e del declino
dei suoi sodali del PD, e questo grazie anche alle ansie di
visibilità dei nuovi guru dell'ambiente e del paesaggio come Tomaso
Montanari, grazie alle “intelligenti” valutazioni di politica
internazionale di Caterina Soffici (scenari Siriani sui quali la
cronista dimostra la propria abilità nel politically correct
neocolonialista - in compagnia del buon collega Gramaglia, alla faccia di veri esperti come Carla del Ponte - piuttosto che in prosa ed informazione e storia del
Medio Oriente, l'informazione poi è altra cosa ancora...),
alternando le vere e proprie perle di saggezza (non sempre unicamente
farina del suo sacco) del buon Aldo Busi (imprevedibile ma efficace
critico per gli interventismi “a distanza”) alle banalità
ponziopilatesche dell'amico Amerikano Furio Colombo (che dal suo
dotto pulpito confonde antisemitismo con antisionismo...), stupidaggini
appena stemperate dalle intelligenti considerazioni di Bruno Tinti su
IMU e strategia “terroristica” nei confronti del risparmio delle
famiglie.... Interessante l'articolo di Tinti sul Fatto di martedì,
un tema solo apparentemente provocatorio (togliere l'IMU sulle 2° e
3° e n° case in quanto oggetto di investimento alternativo e più
vitale che non quello meramente finanziario), mentre in Italia non si
sa più a che santo votarsi per avere una informazione appena appena
coerente coi fatti, di là dal Mediterraneo continua a incasellarsi
il complicato incastro di quelle tessere scompaginate ad arte nella
famigerata Primavera del 2011 allorché le petromonarchie del Golfo
(dal Qatar all'Arabia Saudita) di concerto con gli strateghi del
“vecchio” Patto Atlantico decisero che i tempi erano maturi per
proseguire nel disegno programmatico del PNAC (Project for a New
American Century) iniziando con la destabilizzazione di alcuni paesi
mediterranei (Egitto e Tunisia) per arrivare a colpire la Libia con
una fasulla rivoluzione dall'interno, ben orchestrata ed innescata
nelle ingestite omertà delle banlieu delle città dell'est,
tanto ben orchestrata da trarre in inganno perfino i servizi di
sicurezza della Jamahiriya, definiti paranoici ed almeno
feroci dalla stampa internazionale.
Ma in
realtà, come onestamente argomentava qualche sera fa un amico
bancario davanti ad una casalinga portata di spaghetti al riccio,
“...io voglio preservare questo tipo di benessere (quello di
qualche anno fa, intendeva) e quindi non mi interessa scoprire cose
diverse sull'11 settembre o su Boston, non faccio mica il
politico...” In realtà, senza ipocrisie, almeno lui ha le idee
chiare, non campa di stipendi ricavati da qualche filantropica ONG,
non passa le giornate a fingere di dannarsi per risolvere i problemi
di questo o quel campo profughi. E come lui tanti, forse tutti, in
realtà se ne fregano bellamente. Un pò alla "dietro di me il diluvio", e intanto
continuano/continuiamo a pagare gli stipendi ai lenoni della “casta” ed a disperdere risorse in progetti senza senso (ponti sullo stretto, Mose di Venezia, TAV Torino-Lione sconfessata dai francesi ...e tutto quanto di baratro cinquant'anni di democrazie cristiane, socialismi ladroni e comunismi "di tessera" hanno contribuito a scavare).
Per
chi vuol riflettere ancora di Egitto e Primavere.
Nel
frattempo continua a chiudersi il cerchio aperto nella famigerata
primavera 2011 con i moti (quelli veri e spontanei del Bahrein,
quelli taciuti della Arabia Saudita) e le rivolte semi-telecomandate
(Egitto e Tunisia) e le rivoluzioni fasulle (Libia e Siria) costruite
con una complessa macchinazione mediatica e di consenso.
L'Egitto,
entrato “democraticamente” nel novero dei paesi a guida
dell'Islam salafita (è difficile diversamente definire – salaf
sono gli antichi – un movimento come quello degli Ikhwan, i
Fratelli, la cui genealogia è storicamente coerente alla nascita dei
primi rapporti tra la casa dei Saud e l'Impero Britannico, con la
benedizione, letteralmente “familiare” della galassia Wahabita),
si ritrova in una situazione elettoralmente assai simile a quella
dell'Algeria degli anni '90 con il FIS. Ma la Confraternita, che
vince le elezioni in modo tutto sommato risicato e – come in
Algeria – con un afflusso ridottissimo alle urne, si trova ad
essere al solito più realista del re, come usa dire. Gli Emiri del
Golfo ed i principi della casa dei Saud, decisamente più motivati
dai valori secolarizzati dell'Occidente che non dal puritanesimo
“romantico” ed anacronistico dei Fratelli Musulmani, di fatto ne
sconfessano l'operato. Già da qualche tempo la sfida degli Al Thani
di Doha ha dovuto scendere di livello, il protagonismo del Qatar come
avevo da tempo previsto non avrebbe tardato ad urtare interessi e
suscettibiltà dei cugini. Al Thani abdica, Morsi salta, l'esercito –
i soldati sono pur sempre figli del popolo – appare il
protagonista.
Ma
non è tutto, gli “esperti orientalisti” i sedicenti conoscitori
di quei paesi da anni intonano il mantra dei due mondi contrapposti,
da una parte l'Islam (religione) salafita e – per definizione –
passatista, e dall'altra la laicità del progresso nella civiltà
democratica. Non credo la questione si risolva in questi termini,
sfugge un “dettaglio” a questi saputi : vi sono regioni in cui la
spiritualità è coniugata al vivere quotidiano secondo parametri e
rapporti di qualità diversi da quelli che noi crediamo di conoscere.
Sono
luoghi che per la loro propria asprezza hanno generato un credo –
che non è di certo il nostro, beninteso – che, di rimando, è
coriaceo e bellicoso. La genesi di queste confraternite è quella di
beduini riottosi riuniti sotto un comune denominatore da due
elementi, la teologia e il mestiere delle armi... laicità si esprime
come ateismo, miscredenza, con la stessa parola: mulhid. Voi
credete che uno schermo al plasma e quattro tette al vento possano
trasformarsi in quel “qualcosa che spetta, qualcosa di dovuto”
che i nostri giornalistoni ci dicono sia l'ambizione di queste
nazioni giovani? E poi ma lo sapete quando realmente inizia il collasso dell'Egitto? nel 1870 più o meno, all'epoca dello scavo del canale di Suez, quando i suoi govenanti vennero "convinti" ad incamminarsi sulla via del progresso (si le grandi opere, infrastrutturali, vi dice niente? quelle del debito perenne? vi suona familiare?) e della modernizzazione. A braccetto ovviamente di "esperti" partners europei. Con prestiti di denaro dalle solite banche d'affari europee. Cent'anni dopo Gamal Abd el Nasser si era trovato ancora alle prese con gli interessi di quella favolosa modernizzazione, e senza più quote del Canale di Suez, controllate da cent'anni dagli inglesi.
Pensiamo
al circo Togni della nostra politica, con le periodiche riproposizioni del pensiero di enfant prodige della caratura della piccola Craxi (già eccelsa, nella partita di ping-pong col fratello Bobo, all'epoca della guerra alla Libia del 2011) con i roghi per i quali
ringraziamo la spending review di Mario Monti (forse gli F-35 possono
essere usati in alternativa ai Canadair)in attesa dei salassi
d'autunno, della guerra tra poveri di miserabili evasori “per fame”
mentre i grandi GANZI delle frodi fiscali, da Prato ad Arcore
andranno a farsi gli auguri alle cene dei vari circoli filantropici
per cechi e scemi di guerra. Aspettiamo ancora di sentirci dire da questi mentecatti delle loro visioni di una luce al di là del tunnel, ma se ci chiederanno ancora una volta di raccogliere la saponetta, beh, strisciamo almeno la schiena lungo la parete, poi, ripresa la saponetta, usiamola in modo appropriato.
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