Domenica 17 Agosto, il
mis/Fatto Quotidiano a corto di notizie si incammina sul terreno
(davvero minato per chi ha una tradizione di politica estera debole
come il giornale di Padellaro e complici) della questione iraqena,
con Daash (ISIL Islamic State of Iraq and Levant) ed i suoi misteri
poco misteriosi che stavolta servono per screditare il Movimento 5
Stelle, nella circostanza nella persona di Alessandro Di Battista,
accusato di voler intraprendere nientemeno che un dialogo con i
“fondamentalisti sunniti” che hanno il vezzo di tagliar teste e
crocifigger la gente. Trascuriamo il fatto che buona parte di costoro
sono gli stessi che la grande corrispondente (del Fatto) Soffici
definiva “oppositori “ del regime del “tiranno” Assad, che
un'altra percentuale significativa provengono dalle falangi
mercenarie foraggiate dalla NATO per sovvertire la Jamahiriya libica
col beneplacito dei dementi alla Frattini, La Russa e Berlusconi, il
Fatto in pratica, attribuendo a Di Battista affermazioni ed intenti
mai pronunciati in pratica sconfessa sé stesso, ovvero uno dei
propri personaggi di spicco, quel Marco Travaglio che si esibiva
qualche tempo addietro in una felice performance televisiva in merito
alla guerra all'Afghanistan ed alla “lettera del Mullah Omar”.
Il mis/Fatto nega anche le parole che Pontecorvo mette in bocca a Ben
M'Hidi in “La Battaglia di Algeri” allorchè il patriota (o
terrorista) algerino ribatte al giornalista “...voi dateci i
vostri aerei e noi vi daremo in nostri cestini...” la
questione essendo la viltà degli attentati “à la bombe”
piuttosto che lo scontro tradizionale in campo aperto. Il Fatto si
esercita quindi in vero e proprio negazionismo e macelleria storica,
concediamo loro l'attenuante dell'ignoranza, non possono sapere
tutto...
Di fatto sembra che “Il
Fatto” voglia scaricare i 5 Stelle e non ci sarebbe da stupirsene,
finchè l'atteggiamento di questi ultimi era improntato – in
politica estera – alla medesima naiveté che contraddistingue il
quotidiano tutto poteva esser tollerato, ma appena ci si avvicina
all'essenza dei fatti, allora no, dobbiamo tornare a chiudere il
coperchio del vaso di Pandora e gridare all'untore …
Ma anche i blogger ci si mettono, il Carlo Bertani (notissimo orientalista...!?!) si unisce al coro di chi non sa nemmeno leggere un comunicato e trancia sentenze, accusando il Di Battista di volersi far pubblicità. Povera Italia! Chi pensa viene accusato da quelli che sanno solo esprimere il pensiero di altri. Fortunatamente almeno su COME DON CHISCIOTTE i suoi strali sono rintuzzati dagli stessi lettori...
Il Fatto comunque scopre con un sei sette mesi di ritardo la grande novità dei terroristi di esportazione dall'Europa... ma non leggono nemmeno i giornali questi giornalisti? E nemmeno leggono sul web, di questo tema ho parlato io stesso.... tutto dire! Ma forse quelle che erano eresie "complottiste" pian piano vengono sdoganate, la soluzione è solo di essere tempestivi (allineati e compatti col pensiero dominante), nemo propheta in patria.
Ma anche i blogger ci si mettono, il Carlo Bertani (notissimo orientalista...!?!) si unisce al coro di chi non sa nemmeno leggere un comunicato e trancia sentenze, accusando il Di Battista di volersi far pubblicità. Povera Italia! Chi pensa viene accusato da quelli che sanno solo esprimere il pensiero di altri. Fortunatamente almeno su COME DON CHISCIOTTE i suoi strali sono rintuzzati dagli stessi lettori...
Il Fatto comunque scopre con un sei sette mesi di ritardo la grande novità dei terroristi di esportazione dall'Europa... ma non leggono nemmeno i giornali questi giornalisti? E nemmeno leggono sul web, di questo tema ho parlato io stesso.... tutto dire! Ma forse quelle che erano eresie "complottiste" pian piano vengono sdoganate, la soluzione è solo di essere tempestivi (allineati e compatti col pensiero dominante), nemo propheta in patria.
Di notizia in notizia Il
Fatto di domenica 17 si scatena nelle banalità e nel politically
correct, scopriamo il “dramma” dei riti iniziatori (così il
trafiletto definisce il rituale goliardico in voga da sempre per
“marchiare” le matricole) così come denunciato da tale AndreaMitchell D'Arrigo doppio passaporto Usa / Italia sicuramente ignaro
di ben altri riti iniziatici in uso nel suo paese d'origine. E così
la FIN che sicuramente ha cose serie cui pensare deve occuparsi dei
turbamenti di un diciannovenne, turbamenti che peraltro non provano
le decine di matricole dei vari campionati nazionali di categoria
allorchè subiscono (ed esibiscono) tatuaggi al pennarello e/o
rasature per l'appunto più di passaggio che di iniziazione (che sono
due cose diverse...). I rituali di passaggio (di età e quindi di
importanza) non necessariamente cruenti vennero tra l'altro descritti
– in altro contesto – da uno dei padri dell'indipendenza
africana, Jomo Kenyatta, nel suo trattato (per una antropologia
dell'Africa Nera) Facing Mount Kenia. Povero bimbo piagnucolante, che si definisce nientemeno che testimonial contro il bullismo, il padrea ha dovuto diffidare la FIN...I riti di iniziazione
cari giornalisti del Fatto, si riferiscono ad un'altra sfera...forse
la Vostra.
Per chi è interessato a
sapere cosa veramente ha scritto di tanto conturbante Alessandro Di
Battista in merito alla questione del terrorismo e/o della questione
iraqena, qui di seguito il testo originale dell'intervento, un
intervento che è senz'altro ancora cauto e lontano – se vogliamo –
dalle complete dinamiche dei fatti ma che fa onore al Parlamentare
per l'approccio e la sintesi .
“Dagli anni ’20
ai ’60
A Sèvres, nel
1921, Francia e Gran Bretagna si spartirono i possedimenti
mediorientali dell’ormai decaduto Impero Ottomano.
Alla Francia
andarono Libano e Siria, alla GB la Palestina, la Transgiordania e
l’odierno Iraq. I confini vennero segnati utilizzando matite,
righelli e, probabilmente, sotto l’influsso di qualche coppa di
champagne.
Altrimenti come
ci si potrebbe spiegare l’invenzione folle del Regno dell’Iraq,
uno stato abitato, oltre che da decine di minoranze, da tre
popolazioni profondamente diverse tra loro: i curdi, gli sciiti e i
sunniti?
La drammatica
storia dell’Iraq nasce tutta da qui. Colpi di stato, spinte
autonomiste curde, resistenze sunnite, attentati sciiti, difesa del
controllo petrolifero da parte del Regno Unito, intervento della
Germania nazista. Non si sono fatti mancare nulla fuorché la pace.
La CIA e i colpi
di Stato che fanno meno scalpore del terrorismo
Durante la crisi
di Suez Baghdad divenne la principale base inglese, nel 1958 venne
abolita la monarchia e nel 1963, anche in chiave anti-sovietica, la
CIA favorì un colpo di stato per deporre Abd al-Karim Qasim,
l’allora premier iracheno, colpevole di aver approvato una norma
che proibiva l’assegnazione di nuove concessioni petrolifere alle
multinazionali straniere. In Iraq, tra deserto, cammelli e rovine
babilonesi accadde quel che già si era visto all’ombra delle
piramidi maya nel 1954 quando Allen Dulles*, direttore della CIA,
armò truppe mercenarie honduregne per buttare giù Jacobo Arbenz, il
Presidente del Guatemala regolarmente eletto, colpevole di voler
espropriare le terre inutilizzate appartenenti alla statunitense
United Fruit Company e distribuirle ai contadini. Risultato?
Presidenti fantoccio, guerra civile e povertà.
Mi domando per
quale razza di motivo si provi orrore per il terrorismo islamico e
non per i colpi di stato promossi dalla CIA. Destituire, solo per
osceni interessi economici, un governo regolarmente eletto con la
conseguenza di favorire una guerra civile è meno grave di far
esplodere un aereo in volo?
L’Iraq, come il
Guatemala o il Congo RCD hanno avuto il torto di possedere delle
risorse. I poveri hanno il torto di avere ricchezza sotto ai piedi.
Il petrolio iracheno è stato il peggior nemico del popolo iracheno.
A Baghdad nel 1960, tre anni prima della deposizione di Qasim, Iraq,
Iran, Venezuela e Arabia Saudita avevano fondato l’Organizzazione
dei Paesi esportatori di petrolio (OPEC), per contrastare lo
strapotere delle “7 sorelle”, le principali compagnie petrolifere
mondiali così chiamate da Enrico Mattei, il Presidente dell’ENI di
quegli anni.
Mattei e la
sovranità nazionale in Medio Oriente
Una digressione
su Mattei è d’obbligo, se non altro per capire quanto,
dall’invenzione del “profitto ad ogni costo”, ogni industriale,
stato sovrano o partito politico si sia messo contro il capitalismo
internazionale abbia fatto una brutta fine. E’ successo a brave
persone e a delinquenti, a politici democratici e a dittatori
sanguinari difesi fino a che lo spargimento di sangue dei quali erano
responsabili non avesse intaccato gli interessi del grande capitale.
Mattei, dopo aver concluso importanti affari con l’Iran, si stata
avvicinando a Qasim quest’ultimo alla ricerca di un nuovo partner
commerciale che gli garantisse maggiori introiti di quelli concessi
dagli inglesi. La sacrosanta ricerca di sovranità economica,
politica ed energetica da parte di alcuni paesi mediorientali era ben
vista da Mattei il quale, mosso da una intraprendenza tipicamente
italiana e dall’ambizione di fare gli interessi dello Stato, ne
scorgeva un’opportunità imperdibile.
Quando nel 1961
il Regno Unito concesse l’indipendenza al Kuwait Mattei fiutò
l’affare. Baghdad ha sempre ritenuto il Kuwait parte del suo
territorio e quando la GB lo proclamò stato sovrano Qasim si indignò
per lo smacco subito convincendosi della necessità di trovare nuovi
paesi con cui concludere affari**. Mattei e Qasim, nonostante il
primo ministro Fanfani e il ministro degli esteri Segni negarono
qualsiasi coinvolgimento italiano, iniziarono una serie di trattative
e, sembra, che dei tecnici ENI si recarono in Iraq. Quel che è certo
è che le 7 sorelle sono come i fili della luce: “se li tocchi
muori”. Tre mesi e mezzo prima che Qasim, con il beneplacito della
CIA, venisse trucidato a Baghdad, Mattei esplode in aria con il suo
aereo privato. I mandanti e gli esecutori del suo assassinio sono
ancora ignoti tuttavia è bene ricordare che Tommaso Buscetta, il
pentito che descrisse per filo e per segno la struttura di “Cosa
Nostra” a Giovanni Falcone, dichiarò che Mattei venne ucciso dalla
mafia per fare “un favore agli stranieri” e che Mauro De Mauro,
il giornalista che stava indagando sulla morte di Mattei, venne
rapito e ucciso da Mimmo Teresi su ordine di Stefano Bontade***.
Il futuro è
nero, come l’oro che fa scorrere il sangue
In “La verità
nascosta sul petrolio” Eric Laurent scrive: “Il mondo del
petrolio è dello stesso colore del liquido tanto ricercato: nero,
come le tendenze più oscure della natura umana. Suscita bramosie,
accende passioni, provoca tradimenti e conflitti omicidi, porta alle
manipolazioni più scandalose”.
“Conflitti
omicidi, manipolazioni scandalose, tradimenti”. Queste parole
sembrano descrivere perfettamente la storia dell’Iraq moderno.
Saddam Hussein
divenne Presidente della Repubblica irachena nel 1979 sostituendo
Al-Bakr, l’ex-leader del partito Ba’th che qualche anno prima
aveva nazionalizzato l’impresa britannica Iraq Petroleum Company.
Saddam, con l’enorme denaro ricavato dalla vendita di petrolio,
cambiò radicalmente il Paese. Sostituì la legge coranica con dei
codici di stampo occidentale, portò la corrente fino ai villaggi più
poveri, fece approvare leggi che garantivano maggiori diritti alle
donne. L’istruzione e la salute divennero gratuite per tutti. In
quegli anni di profonda instabilità regionale il regime di Saddam
divenne un esempio di ordine e sicurezza. Tuttavia tutto questo ebbe
un prezzo. I cristiani non erano un pericolo per il regime e vennero
lasciati in pace ma i curdi, vuoi per le loro spinte autonomiste che
per la loro presenza potenzialmente pericolosa in zone ricche di
petrolio, vennero colpiti, discriminati e spesso trucidati. Lo stesso
avvenne agli sciiti che non abbassavano la testa. Quando Saddam gli
riversò contro le armi chimiche fornitegli dagli USA in chiave
anti-iraniana nessuna istituzione statunitense parlò di genocidio,
di diritti umani violati, di terrorismo islamico. Saddam era ancora
un buon amico. L’amichevole stretta di mano tra il leader iracheno
e Donald Rumsfeld, all’epoca inviato speciale di Reagan, dimostra
quanto per gli USA la violenza è un problema a giorni alterni. Negli
anni ’80 Washington era preoccupata dall’intraprendenza economica
di Teheran e Saddam era un possibile alleato per contrastare la linea
anti-occidentale nata in Iran con la rivoluzione del ’79.
Anni di guerre
Tuttavia, sebbene
la Repubblica islamica iraniana fosse apertamente anti-americana gli
USA fornirono armi a Teheran durante la guerra Iran-Iraq. Il denaro è
sempre denaro! Con i proventi della vendita di armi all’Iran gli
USA finanziarono tra l’altro i paramilitari delle Contras che
avevano come obiettivo la destituzione in Nicaragua del governo
sandinista regolarmente eletto.
Ovviamente gli
USA (anche l’URSS – la guerra fredda diventava tiepida se si
potevano fare affari assieme) finanziarono contemporaneamente Saddam.
Il sogno dell’industria bellica, una guerra infinita combattuta da
due forze equivalenti, era diventato realtà. Per diversi anni le
potenze occidentali lasciarono Iraq e Iran a scannarsi tra loro. Un
milione di morti dell’epoca non valevano, evidentemente, le
migliaia di vittime provocate dall’avanzata dell’ISIS di questi
giorni. Le multinazionali della morte appena finito di parlare con
Saddam alzavano la cornetta e chiamavano Teheran. «Ho appena venduto
all’Iraq 200 carri armati ma a te ti do a un prezzo stracciano
questa batteria anticarro». Le cose cambiarono quando l’esercito
iraniano prese il sopravvento. Teheran stava per espugnare Bassora
quando gli USA, sedicenti cacciatori di armi chimiche in tutto il
mondo, inviarono una partita di gas cianuro a Saddam il quale non
perse tempo e lo utilizzò per respingere le truppe iraniane. Ma si
sa, gli USA sono generosi e di gas ne inviarono parecchio. Saddam
pensò bene di utilizzarne la restante parte per gassare l’intera
popolazione curda del villaggio di Halabja ma in occidente nessuno si
strappò le vesti, il dittatore era ancora un buon amico.Saddam
divenne un acerrimo nemico quando invase il Kuwait. Anche in quel
caso non furono i morti o le centinaia di migliaia di profughi a
preoccupare i funzionari di Washington sempre a stretto contatto con
Wall Street. La conquista irachena del Kuwait metteva in pericolo gli
interessi economici statunitensi. Una cosa inaccettabile per chi da
anni lavora per il controllo mondiale del petrolio. L’operazione
“Desert Storm” venne lanciata, il Kuwait “liberato” ma Saddam
rimase al suo posto. Un’eccessivo indebolimento dell’Iraq avrebbe
favorito Teheran e questo sarebbe stato intollerabile. I
bombardamenti USA causarono oltre 30.000 bambini morti ma erano
“bombe a fin di bene”.
L’11 settembre
L’attentato
alle Torri Gemelle fu una panacea per il grande capitale
nordamericano. Forse anche a New York qualcuno “alle 3 e mezza di
mattina rideva dentro il letto” come capitò a quelle merde dopo il
terremoto a L’Aquila. Quei 3.000 morti americani vennero utilizzati
come pretesto per attaccare l’Afghanistan, un paese con delle leggi
antitetiche rispetto al nostro diritto ma che con il terrorismo
internazionale non ha mai avuto a che fare, e l’Iraq. Era ormai
tempo di buttare giù Saddam e prendere il pieno controllo del
petrolio iracheno.La vittoria della Nato fece piombare il Paese in
una guerra civile senza precedenti e le fantomatiche armi di
distruzione di massa non vennero mai trovate. Ripeto, Saddam le
aveva, ahimè, già utilizzate e gli USA lo sapevano benissimo. A
questo punto mi domando quanto un miliziano dell’ISIS capace di
decapitare con una violenza inaudita un prigioniero sia così diverso
dal Segretario di Stato Colin Powell colui che, mentendo e sapendo di
mentire, mostrò una provetta di antrace fornitagli da chissà chi
per giustificare l’imminente attacco all’Iraq. Una guerra che ha
fatto un numero di morti tra i civili migliaia di volte superiore a
quelli provocati dallo Stato Islamico in queste settimane. La
sconfitta del sunnita Saddam Hussein scatenò la popolazione sciita
che covava da anni desideri di vendetta. Attentati alle reciproche
moschee uccisero migliaia di persone. Da quel giorno in Iraq c’è
l’inferno ma i responsabili fanno shopping sulla Fifth Avenue e
vacanze alla Caiman. L’avanzata violenta, sanguinaria, feroce
dell’ISIS è soltanto l’ultimo atto di una guerra innescata dai
partiti occidentali costretti a restituire i favori ottenuti dalle
multinazionali degli armamenti durante le campagne elettorali.
Comprare F35 mentre l’Italia muore di fame o bombardare un
villaggio iracheno mettendo in prevenivo i “danni collaterali”
sono azioni criminali che hanno la stessa matrice: il primato del
profitto sulla politica.
Cosa fare adesso?
L’ISIS avanza,
conquista città importanti e minaccia migliaia di cristiani. In
tutto ciò l’esercito iracheno, creato e addestrato anche con i
soldi dei contribuenti italiani, si è liquefatto come neve al sole
dimostrando, se ancora ve ne fosse bisogno, il totale fallimento del
progetto made in USA che noi abbiamo sposato senza diritto di parola.
E’ evidente che la comunità internazionale e l’Italia debbano
prendere una posizione. Se non è semplice scegliere cosa fare, anche
se delle idee logiche già esistono, è elementare capire quel che
non si debba più fare.
1) Innanzitutto
occorre mettere in discussione, una volta per tutte, la leadership
nordamericana. Gli USA non ne hanno azzeccata una in Medio Oriente.
Hanno portato morte, instabilità e povertà. Hanno dichiarato guerra
al terrorismo e il risultato che hanno ottenuto è stato il
moltiplicarsi del fenomeno stesso. A Roma, nel 2003, manifestammo
contro l’intervento militare italiano in Iraq. Uno degli slogan era
“se uccidi un terrorista ne nascono altri 100”. Siamo stati
profeti anche se non ci voleva un genio per capirlo. Pensare di
fermare la guerra in atto in Iraq armando i curdi è una follia che
non credo che una persona intelligente come il Ministro Mogherini
possa davvero pensare. Evidentemente le pressioni che ha subito in
queste settimane e il desiderio che ha di occupare la poltrona di
Ministro degli esteri della Commissione europea, l’hanno spinta ad
avallare le posizioni di Obama e degli USA ormai autoproclamatisi, in
barba al diritto internazionale, poliziotti del mondo. Loro, proprio
loro, che hanno sostenuto colpi di stato in tutto il pianeta, venduto
armi a dozzine di dittatori, loro che hanno impoverito mezzo mondo,
loro che, da soli, utilizzano oltre il 50% delle risorse mondiali.
Loro che hanno invaso Iraq e Afghanistan con il pretesto di
distruggere le “cellule del terrore” ma che hanno soltanto
progettato oleodotti, costruito a Baghdad la più grande ambasciata
USA del mondo ed esportato, oltre alla loro democrazia, 25.000
contractors in Iraq, uomini e donne armati di 24ore che lavorano in
tutti i campi, dalle armi al petrolio passando per la vendita di
ambulanze. La guerra è davvero una meraviglia per le tasche di
qualcuno.
2) L’Italia,
ora che ne ha le possibilità, dovrebbe spingere affinché la UE
promuova una conferenza di pace mondiale sul Medio Oriente alla quale
partecipino i paesi dell’ALBA, della Lega araba, l’Iran, inserito
stupidamente da Bush nell’asse del male e soprattutto la Russia un
attore fondamentale che l’UE intende delegittimare andando contro i
propri interessi per obbedire a Washington e sottoscrivere il TTIP il
prima possibile. Essere alleati degli USA non significa essere
sudditi, prima di applicare sanzioni economiche a Mosca, sanzioni che
colpiscono più le imprese italiane che quelle russe, si dovrebbero
pretendere le prove del coinvolgimento di Putin nell’abbattimento
dell’aereo malese. Non dovrebbe bastare la parola di Washington,
soprattuto alla luce delle menzogne dette sull’Iraq.
3) L’Italia
dovrebbe promuovere una moratoria internazionale sulla vendita delle
armi. Se vuoi la pace la smetti di lucrare sugli armamenti.
«L’economia ne risentirebbe» sostiene qualcuno. Balle!
Criminalità, povertà e immigrazione sono il frutto della guerra e
la guerra si alimenta di sangue e di armi. Nel 2012 la Lockheed
Martin, quella degli F35, ha incassato 44,8 miliardi di dollari, più
del PIL dell’Etiopia, del Libano, del Kenya, del Ghana o della
Tunisia. Chi si scandalizza dei crimini dell’ISIS è lo stesso che
lo arma o, quanto meno, che lo ha armato. «Armiamo i curdi»
sostiene la Mogherini. Chi ci dice che una volta vinta la guerra i
curdi non utilizzeranno quelle armi sui civili sunniti? In fondo non
è già successo con Saddam, con i signori della guerra in
Afghanistan o in Libia dove la geniale linea franco-americana che
l’Italia ha colpevolmente assecondato, ha eliminato dalla scena
Gheddafi facendo cadere il Paese in un caos totale?
4) L’Italia
dovrebbe trattare il terrorismo come il cancro. Il cancro si combatte
eliminandone le cause non occupandosi esclusivamente degli effetti.
Altrimenti se da un lato riduci la mortalità relativa da un altro la
crescita del numero di malati fa aumentare ogni anno i decessi. E’
logico! Vanno affrontate le cause. Si condanna in Nigeria Boko Haram
ma si tace di fronte ai fenomeni di corruzione promossi da ENI che
impoveriscono i nigeriani dando benzina alle lotte violente dei
fondamentalisti.
5) L’Italia
dovrebbe porre all’attenzione della comunità internazionale un
problema che va risolto una volta per tutte: i confini degli stati.
Non sta scritto da nessuna parta che popolazioni diverse debbano
vivere sotto la stessa bandiera. Occorre, finalmente, trovare il
coraggio di riflettere su un nuovo principio organizzativo. Troppi
confini sono stati tracciati a tavolino con il righello dalle potenze
coloniali del ‘900. L’obiettivo politico (parlo dell’obiettivo
politico non delle assurde violenze commesse) dell’ISIS, ovvero la
messa in discussione di alcuni stati-nazione imposti dall’occidente
dopo la I guerra mondiale ha una sua logica. Il processo di nascita
di nuove realtà su base etnica è inarrestabile sia in Medio Oriente
che in Europa. Bisogna prenderne atto e, assieme a tutti gli attori
coinvolti, trovare nuove e coraggiose soluzioni.
6) Dovremmo
smetterla di considerare il terrorista un soggetto disumano con il
quale nemmeno intavolare una discussione. Questo è un punto
complesso ma decisivo. Nell’era dei droni e del totale squilibrio
degli armamenti il terrorismo, purtroppo, è la sola arma violenta
rimasta a chi si ribella. E’ triste ma è una realtà. Se a
bombardare il mio villaggio è un aereo telecomandato a distanza io
ho una sola strada per difendermi a parte le tecniche nonviolente che
sono le migliori: caricarmi di esplosivo e farmi saltare in aria in
una metropolitana. Non sto ne giustificando né approvando, lungi da
me. Sto provando a capire. Per la sua natura di soggetto che risponde
ad un’azione violenta subita il terrorista non lo sconfiggi
mandando più droni, ma elevandolo ad interlocutore. Compito
difficile ma necessario, altrimenti non si farà altro che far
crescere il fenomeno.
7) Occorre legare
indissolubilmente il terrorismo all’ingiustizia sociale. Il fatto
che in Africa nera la prima causa di morte per i bambini sotto i 5
anni sia la diarrea ha qualcosa a che fare con l’insicurezza
mondiale o con il terrorismo di Boko Haram? Il fatto che Gaza sia un
lager ha a che fare con la scelta della lotta armata da parte di
Hamas?
8)
L’Italia dovrebbe cominciare a pensare alla costruzione di una
società post-petrolifera. Il petrolio è la causa della stragrande
maggioranza delle morti del XX e XXI secolo. Costruire una società
post-petrolifera richiederà 40 anni forse ma prima cominci prima
finisci. Non devi aspettare che il petrolio finisca. Come disse Beppe
Grillo in uno dei suoi spettacoli illuminanti: «L’energia è la
civiltà. Lasciarla in mano ai piromani/petrolieri è criminale.
Perché aspettare che finisca il petrolio? L’età della pietra non
è mica finita per mancanza di pietre».” Alessandro Di Battista
Fuori di dubbio che il parlamentare pentastellato non sia esattamente un orientalista di fama o un riconosciuto esperto di Medio e Vicino Oriente, non gli è nemmeno richiesto, ma almeno ha l'onestà e l'intelligenza di mettersi in discussione, affacciandosi a quegli interrogativi che le tante anime belle dei monoliti partitici (tradizionali) non hanno mai sentito la pulsione di porsi, già belli e convinti dell'unicità del proprio Verbo, del proprio assunto. Voglio citare un brano dalla riflessione di un lettore che mi scrive “...Il pensiero unico dominante ha pervaso la società occidentale, non ancora ( non del tutto ) le altre civiltà. E noi vorremmo esportare la nostra civiltà, la nostra pseudo democrazia, in Africa o in Medio Oriente? Vorremmo esportare la nostra schiavitù? Perché noi non ce ne rendiamo conto ma siamo schiavi, schiavi delle nostre paure, schiavi dei nostri riti quotidiani, schiavi del mondialismo, la più spaventosa delle dittature; George Orwell sbiancherebbe...”
Complimenti, al contrario di lui blogger come il Bertani sembrano nemmeno aver letto il documento parlamentare ma solamente le note denigratorie della stampa che – finalmente di nuovo coesa – addita Di Battista come un fiancheggiatore (e anche un tantino demente se pensasse di poter fare il Lawrence non con un novello Feisal ma con una creatura allenata – ed alienata – alla palestra della NATO e della schiuma dei servizi di mezzo occidente).
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