sabato 26 luglio 2014

CARO PUTIN TI SCRIVO....


Un macigno di cinquanta tonnellate, instabile, prima che inizi a rotolare per una china può essere fermato con una miserabile zeppa di legno, se invece lo trascuri l'inerzia ne moltiplica il peso e la massa diviene devastante, inarrestabile...



Quante notizie sconvolgenti, aerei abbattuti, paesi disgregati, provocazioni, massacri indiscriminati, creazione di sistemi finanziari alternativi a quelli dominanti. Putin e la Russia assediati dai mezzi di informazione occidentali.


Negli anni '70 Gheddafi si era scontrato con Sadat al momento in cui questi si era allineato agli indirizzi del Cremlino, il libico aveva sempre percorso una strada alternativa rispetto a quella tracciata, imposta, dalla sicumera dei Grandi, dei Paesi Progrediti, Gheddafi ci era stato venduto anche per un laico (secondo i media nostrani), seppure avesse esplicitamente inserita la Sha'ria nell'ordinamento giuridico/politico della Jamahiriya. Gheddafi, che non era “lo sbirro” del Mediterraneo, ma bensì il referente benestante dell'Africa intera, beninteso di quell'Africa che non intendeva ricadere nella trappola – fin troppo palese – di vecchi e nuovi padroni, aveva compreso che il FMI era lo strumento più efficace di dominazione del colonialismo contemporaneo, così ne aveva concepito un antagonista, un Fondo Monetario Africano, con la sua propria Banca Africana di Investimenti.
Il Putin, "bastione" contro il delirio di onnipotenza americano, protagonista del "veto" sulla Siria, che quindi per il sottoscritto torna anche protagonista del "non veto" sulla Libia, tradita per ragioni utilitaristiche e caratteriali (il Gheddafi, vero statista indipendente africano, non era controllabile, tanto valeva lasciarlo scannare dalla coalizione occidentale, mal che fosse andata se fosse riuscito a resistere - e ci arrivò vicino - si sarebbe ritrovato tra le mani un paese disintegrato e sarebbe forse stato costretto a chinare il capo e impegnarsi da vassallo con lo zar, che bonariamente gli avrebbe prestato uomini mezzi e risorse) mentre l'ex oculista londinese Bashar al Assad è stato da sempre un soggetto più aderente agli stili diplomatici "tradizionali", più politically correct, per non dire malleabile. Il Putin preferiva nel 2011 far entrare il paese del "bravo negro Mandela" nell'organizzazione dei paesi emergenti (BRIC: Brasile,Russia,India,Cina) e lasciare Gheddafi, poco partner ma vero Statista africano, al proprio destino.
Putin un ingenuo quindi, sulla Libia ingannato dalla scaltra e maligna diplomazia occidentale? "Ma non diciamo sciocchezze!!!" Putin un vendicativo opportunista piuttosto, con buona pace di quanti,  compreso il sottoscritto al momento delle recenti ed interessanti dichiarazioni di Valdai di fine 2013, gli hanno attribuite profondità di pensiero e velleità di tutela di una tradizione dei valori "antichi" e radicati nella cultura dell'Eurasia. Nella circostanza dell'aggressione alla Libia sembra che la facoltà di leggere la geopolitica si ottunda per Putin ed i suoi consiglieri, ed è gravissimo. Poteva essere sufficiente il suo veto, il veto di un membro “pesante” come la Russia – per di più testimone consapevole della falsità delle accuse mosse a Gheddafi al solo scopo di isolarlo agli occhi delle “comunità internazionale”- ad interrompere la spirale tragica che stava per abbattersi sul paese nordafricano? Certo che si.

Com'è possibile che uno statista (perché è di questo che stiamo parlando, di statisti, non di assessori comunali alla cooperazione internazionale e alla solidarietà a cani e porci) del livello di Vladimir Putin abbia commesso una svista di questa entità abbandonando Gheddafi all'accanimento dell'asse Washington/Qatar/UE e condannando a seguire l'Africa al delirio jihadista? Per un pò di gas o petrolio? No, sarebbe troppo grave. Per castigarlo della sua storica avversione a legarsi da vassallo alle superpotenze?!
Come è possibile che abbia commesso l'ingenuità di non comprendere il messaggio implicito nell'operazione nordafricana? Che cioè fosse ancora in itinere il programma imperiale rivelato fin dal 2007 dal Gen. Clarke e che tale disegno, partorito da gentiluomini come Cheney, Bush, Wolfowitz, Rumsfeld, strutturato sull'ossatura del PNAC (Project for the New American Century) del 2000, a sua volta configurazione semi-operativa delle riflessioni strategiche di Brzezinski, non avesse come fine nemmen tanto remoto (nel tempo) proprio la Santa Madre Russia?
Che gli stessi metodi di inganno, le stesse dinamiche di consenso, di nebbie mediatiche non sarebbero a breve state rivolte verso di lui?
Come hanno fatto Putin ed i suoi consiglieri a non comprendere che la Libia e Gheddafi, molto più che l'Iraq e Sadam Husayn, erano la chiave di volta da cui si sarebbero innescati tutti gli stravolgimenti epocali dell'Africa sahariana e pre-sahariana e del Medio Oriente? Come pensare che tali aspetti – egoisticamente – non avrebbero tracimato con conseguenze – da quel momento in poi – imprevedibili?
Gheddafi crea nel 2010 il Fondo Monetario Africano (il 28 dicembre ne venne firmato lo statuto) e diviene immediatamente il bersaglio del “mondo civile”, tradito ed abbandonato da nani come il governo italiano che rinuncia perfino agli innegabili vantaggi economici derivanti dal trattato di amicizia partenariato e cooperazione sottoscritto due anni prima.
Putin stringe mani e brinda per la prossima creazione di un Fondo monetario dei paesi del BRICS, mi pare un incubo, ma di che stiamo parlando? Non hanno avuto pace finché non hanno ammazzato chi aveva creato un Fondo alternativo al FMI (Gheddafi), non hanno avuto pace finchè non hanno trasformato il paese benestante del Nordafrica (la Libia) in un deserto di tragedie e caos, hanno materializzato addirittura un Califfato per esportare (né più né meno che la coca-cola) la loro versione del jihad al solo scopo di scardinare la società di fede musulmana e le nazioni arabofone. In bocca al lupo, Vladimir, se ci riesci sicuramente vinci una grande scommessa, e di sicuro la vinci anche per tutti noi che riusciamo a guardare un po' oltre la cortina fumogena che ci si para davanti ad opera degli organi di stampa ed informazione (ovvero disinformazione), ma non sono d'accordo con quanti (il peraltro ottimo Giulietto Chiesa è uno, il peraltro indiscutibilmente referenziato sul campo Fulvio Grimaldi è un altro) mi paiono orientati a voler analizzare il quadrante Russo/Ucraino separatamente dai pregressi fatti nordafricani, o quantomeno nei fatti assolvono lo statista russo per la circostanza della Libia. Che invece, sia nel merito specifico (Libia distrutta) che nelle conseguenze regionali è un fatto gravissimo, una sconfitta che non si ripaga con l'eliminazione di un concorrente sul mercato delle risorse energetiche, una sconfitta che al contrario ha un costo di ricadute non valutabile. Una cosa che mi crea perplessità è la coabitazione di un Giulietto Chiesa con un Furio Colombo all'interno del Fatto Quotidiano, giornale soi-disant indipendente e dalla visione di politica estera a dir poco curiosa, con cronisti che definiscono malese il governo del Mali...forse serve come pappagallo sulla spalla di Padellaro e come contrappeso per la presenza di Colombo, l'ex uomo-FIAT in America? 


Personalmente vedo un riproporsi di situazioni che nella loro cronologia poco hanno di casuale, piuttosto si tratta di un modello.
Mi rincresce non poco, con la doppia frustrazione della Cassandra (che vede le cose che accadranno ma non viene ascoltata e quindi non può interagire, in questo caso tentar di informare), che il mio saggio "LIBIA IL NAUFRAGIO DELL'EUROPA" sia stato boicottato dal giornale "Il Fatto Quotidiano" il cui direttore Padellaro nell'estate scorsa pare abbia fatto una personale questione dell'impegno a non pubblicare ben due mie inserzioni (a pagamento) pubblicitarie dell'ebook. In quelle pagine, iniziate nell'agosto 2011, l'estate insanguinata susseguente alle fasulle “primavere arabe” con infinita presunzione mi avventuravo nell'analisi pressoché di tutto quanto sta accadendo qua da noi e sullo scacchiere euroafricano. Così come è impressionante un tema che affrontavo in quelle pagine, assolutamente sottovalutato da soggetti ben più blasonati di me - o comunque da questi interpretato secondo schemi e chiavi di lettura effimere - delle contaminazioni jihadiste in atto a più livelli della società di quei paesi. Attenzione, ripeto che la questione jihadista, oggi, è altro dalla questione Qaedista (i più nemmeno si rendon conto della differenza e non possono "apprezzarne" le analogie e sinergie) è un tema delicatissimo e va affrontato non solamente sulla base del nostro "saputo" della storia, ch'è assolutamente marginale e unilaterale, ma richiede uno sforzo (curiosamente jihad sta per sforzo...) intellettuale di conoscenza e "sentimentale" che non sono assolutamente improvvisabili. Sull'argomento e sulle vere radici storiche della collusione tra l'imperialismo occidentale (europeo, a quel tempo) e le realtà islamiste le più tradizionaliste (nei fatti gli eredi di Wahab, ovvero i Saud...), cui mi sono riferito diffusamente nel saggio succitato, è on-line una delle sempre interessanti riflessioni di Pierfrancesco Zarcone (Ilmoderno Jihadismo).

Così, come descritto nel mio libro/saggio, di fatto vediamo definirsi nella realtà il disegno complessivo dei più grandi complottisti della Storia moderna (non solo contemporanea): i grandi capitalisti finanziari. Che non sono né americani né russi né marziani o cinesi, la nazionalità non è la loro caratteristica, e nemmeno l'etnia o il credo o il colore della pelle (tutti specchietti per allodole, finalizzati al solo dividere la gente in fazioni). Il buon Brzezinski, già consigliere di Jimmi Carter ed oggi di Obama, non ha avuto falsi pudori nell'elencare l'Ucraina già negli anni '90 come uno degli obiettivi fondamentali per la strategia egemonica americana. E guardate che ne parla con la più grande schiettezza e realismo, che non è cinismo. Il cinismo è un qualcosa d'altro, che implica anche un atteggiamento "sentimentale" - di conflitto, quantomeno - o la rinuncia ad esso, il realismo è un qualcosa di anodino, freddo, distante, matematico. Stiamo parlando di numeri , non di Nazioni, i termini di riferimento sono statistici, percentuali, non nomi di persone. Ciò aiuta, e molto, ad allontanarsi dal sangue e dalla polvere degli scontri di piazza. Brzezinski nel suo “La Grande Scacchiera“ individua i target (l'Ucraina è uno di questi: ...Per gli Stati Uniti, il premio geopolitico più importante è rappresentato dall’Eurasia, il continente più grande del globo...Ma se la Russia dovesse respingere l’Occidente, diventare una singola entità aggressiva e stringere un’alleanza con il principale attore orientale e con l’India, allora il primato americano in Eurasia si ridurrebbe sensibilmente), le teste di ponte sostanziali per la futura strategia americana, strategia, va rimarcato, egemonica, nell'altro “Il mondo fuori controllo” aveva stigmatizzata la manifesta inferiorità della cultura americana rispetto a quella europea ed analizzato i modi per superare questo gap.
Un gap che risulta ancora più ampio se confrontiamo le asserzioni di Putin nel corso della conferenza di Valdai con i deliri strategici – ma assai pratici - della prosa del Brzezinski. A Valdai, fine 2013, lo statista russo ci appare di uno spessore ben diverso da quello propalatoci dalle malinconiche vicende berlusconiane.

Oggi ci occorrono nuove strategie per preservare la nostra identità in un mondo che cambia rapidamente, un mondo che è diventato più aperto, trasparente ed interdipendente. Questo fatto sfida praticamente tutti i popoli e i paesi in un modo o nell’altro, russi, europei, cinesi ed americani – le società di tutti i paesi, di fatto.
... Per noi (parlo dei russi e della Russia) le domande sul chi siamo e chi vogliamo essere sono sempre più in primo piano. Ci siamo lasciati alle spalle l’ideologia sovietica, e non c’è ritorno. Chi propone un conservatorismo fondamentale, e idealizza la Russia pre-1917, sembra ugualmente lontano dal realismo, così come sono i sostenitori di un liberalismo estremo, all’occidentale.

È evidentemente impossibile andare avanti senza auto-determinazione spirituale, culturale e nazionale. Senza questo, non saremo capaci di resistere alle sfide interne ed estere, né riusciremo nella competizione globale. Oggi vediamo una nuova tornata di questa competizione, centrate sull’economico-tecnologico e sull’ideologico-informazionale. I problemi militari e le condizioni generali stanno peggiorando. Il mondo diventa più rigido, e spesso scavalca non solo il diritto internazionale,ma anche l’elementare decenza...
.....Ogni Stato deve disporre di forza militare, tecnologica ed economica; ma la cosa prima che ne determinerà il successo è la qualità dei suoi cittadini, la qualità della società: la loro forza intellettuale, spirituale e morale. Alla fin fine, crescita economica, prosperità ed influenza geopolitica derivano da tali condizioni della società. Se i cittadini di un dato Paese si considerano una nazione, se e fino a che punto si identificano con la propria storia, coi propri valori e tradizioni, e se sono uniti da fini e responsabilità comuni. In questo senso, la questione di trovare e rafforzare l’identità nazionale è davvero fondamentale per la Russia.

E intanto, l’identità nazionale della Russia odierna subisce non solo la pressione oggettiva che viene dalla globalizzazione, ma anche le conseguenze delle catastrofi nazionali del ventesimo secolo, quando abbiamo provato il collasso del nostro stato per ben due volte. L’effetto è stato un colpo devastante ai codici culturali e spirituali della nostra nazione; abbiamo fronteggiato la rottura di tradizioni e consonanza della storia, con la demoralizzazione della società, con una perdita di fiducia e responsabilità. Queste sono le cause radicali dei tanti urgenti problemi che affrontiamo. La questione della responsabilità verso se stesso, verso la società e il diritto, è qualcosa di fondamentale per la vita di ogni giorno come per la vita del diritto
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L’esperienza ha mostrato che una nuova idea nazionale non compare da sé, né si sviluppa secondo regole di mercato. Uno Stato ed una società costruiti “spontaneamente” non funzionano, né funziona copiare meccanicamente le esperienze di altri Paesi. Tali imprestiti rozzi e tentativi di civilizzare la Russia dall’esterno non sono state accettati dalla maggioranza assoluta del nostro popolo. Ciò perché l’aspirazione all’indipendenza e alla sovranità nella sfera spirituale, ideologica e nella politica estera è parte integrante del nostro carattere nazionale. Detto tra parentesi, tali approcci sono falliti anche in altre nazioni. I tempi in cui modelli e stili di vita già bell’e fatti potevano essere inseriti in Paesi stranieri come programmi nei computers sono passati.

Comprendiamo anche che l’identità e un’idea nazionale non può essere imposta dall’alto, per mezzo di un monopolio ideologico. È una costruzione molto instabile e vulnerabile, e lo sappiamo per esperienza personale; non ha futuro nel mondo moderno. Abbiamo bisogno di creatività storica, d’una sintesi dei costumi e delle idee nazionali migliori, una comprensione delle nostre tradizioni culturali, spirituali e politiche colte da diversi punti di vista; bisogna capire che (l’identità nazionale) non è qualcosa di rigido che durerà per sempre, ma piuttosto un organismo vivente. Solo così la nostra identità sarà fondata su solida base, diretta verso il futuro e non il passato. Questo è il principale argomento a riprova che un’ideologia di sviluppo deve essere discussa da persone che hanno visioni differenti, e diverse opinioni sul come risolvere dati problemi.

Sicché tutti noi – i cosiddetti neo-slavofili e i neo-occidentalisti, gli statalisti e i cosiddetti liberisti – tutta la società deve lavorare insieme per creare fini comuni di sviluppo (...). Ciò significa che i liberisti devono imparare a parlare ai rappresentanti della sinistra e che d’altro canto i nazionalisti devono ricordare che la Russia è stata formata specificamente come stato pluri-etnico e multi-confessionale fin dalla sua nascita (...). La sovranità, indipendenza e integrità territoriale della Russia sono incondizionate. Qui ci sono “linee rosse” che a nessuno è permesso scavalcare. Per quanto differenti siano le nostre vedute, le discussione sull’identità e il nostro futuro nazionale sono impossibili se coloro che vi prendono parte non sono patriottici.
Ovviamente intendo patriottismo nel più puro senso della parola
Altra grave sfida all’identità della Russia è legata ad eventi che hanno luogo nel mondo. Sono aspetti insieme di politica estera, e morali. Possiamo vedere come i Paesi euro-atlantici stanno ripudiando le loro radici, persino le radici cristiane che costituiscono la base della civiltà occidentale. Essi rinnegano i principi morali e tutte le identità tradizionali: nazionali, culturali, religiose e financo sessuali. Stanno applicando direttive che parificano le famiglie a convivenze di partners dello stesso sesso, la fede in Dio con la credenza in Satana. 

La “political correctness” ha raggiunto tali eccessi, che ci sono persone che discutono seriamente di registrare partiti politici che promuovono la pedofilia. In molti Paesi europei la gente ha ritegno o ha paura di manifestare la sua religione. Le festività sono abolite o chiamate con altri nomi; la loro essenza (religiosa) viene nascosta, così come il loro fondamento morale. Sono convinto che questo apre una strada diretta verso il degrado e il regresso, che sbocca in una profondissima crisi demografica e morale. E cos’altro se non la perdita della capacità di auto-riprodursi testimonia più drammaticamente della crisi morale di una società umana? Oggi la massima parte delle nazioni sviluppate non sono più capaci di perpetuarsi, nemmeno con l’aiuto delle immigrazioni. Senza i valori incorporati nel Cristianesimo e nelle altre religioni storiche, senza gli standard di moralità che hanno preso forma dai millenni, le persone perderanno inevitabilmente la loro dignità umana. Ebbene: noi riteniamo naturale e giusto difendere questi valori. Si devono rispettare i diritti di ogni minoranza di essere differente, ma i diritti della maggioranza non vanno posti in questione.

Simultaneamente, vediamo sforzi di far rivivere in qualche modo un modello standardizzato di mondo unipolare e offuscare le istituzioni di diritto internazionale e di sovranità nazionale. Questo mondo unipolare e standardizzato non richiede Stati sovrani; richiede vassalli. Ciò equivale sul piano storico al rinnegamento della propria identità, della diversità del mondo voluta da Dio
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Come ho già scritto in precedenza da questo a far di Putin un santo o un asceta ovviamente ce ne corre, da crederlo un disinteressato filantropo prossimo ad isolamento in luoghi pregni di spiritualità anche ce ne corre, da questo a volerlo assolvere per la vigliaccata ai danni di Gheddafi nel non porre il veto alla risoluzione sulla no-fly-zone, ci dividono anni luce, giacché proprio perché “in geopolitica non c'è posto per le emozioni” (Pandora TV Special “Perchè la Russia non deve intervenire in Ucraina”) il signor Putin avrebbe dovuto tener presenti le conseguenze geopolitiche dello scardinamento del Nordafrica.

Riuscirà con i cunei che ha in mano a fermare il rotolamento del macigno che da tempo ha iniziato a rotolare giù per la china? Se uno di quei cunei lo avesse inserito al momento giusto di certo non saremmo a questo punto. Di certo molti cani rabbiosi dell'Impero non sarebbero stati sguinzagliati, non avrebbero dilaniato migliaia di poveri cristi. Di certo la prepotenza, ed il senso di impunità che sono derivati da questo stato di cose ha ingranato la marcia in un meccanismo antropofago che nei suoi appuntamenti ha da tempo anche la Palestina. Il disegno del Grande Medio Oriente nella sua ignoranza storico-etno-sociologica segnatamente americana va avanti traendo profitto anche da queste "sviste".


Riuscirà Putin, soltanto secondo nella Storia contemporanea dopo Gheddafi, a mettere in piedi un Fondo Monetario autonomo dalle logiche del FMI ? Ce lo auguriamo, ma sarebbe stato tutto più facile in altro modo. Ma con i se e con i ma non si fa la STORIA.

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