domenica 16 febbraio 2014

“ELEZIONI?! MA NON DICIAMO SCIOCCHEZZE!!!” Giorgio Napolitano

Perché è vero, le elezioni, il suffragio popolare per un monarca assoluto è pocomeno che un'eresia.
Bonariamente, una sciocchezza.
Il fallimento del governo Letta, portaborse (è l'unico phisique-du-role che gli si confà, credo chiunque possa convenirne con me) del sistema bancario e degli ultimi epigoni della finanza creativa, è il fallimento definitivo di una classe politica che cerca la propria legittimazione nelle citazioni citabili (o frasi fatte) prese in prestito perfino dal Barone di Munnchausen (interessante un riepilogo di tali citazioni recitate da esponenti PD mandato in onda oggi da La 7 intorno alle 11,10...), l'entrata in gioco di matteo Renzi, alter ego berlusconiano fino a ieri tenuto in naftalina ed improvvisamente portato sugli altari del proprio partito, è il fallimento del PD.
Matteo Renzi è il protagonista di un colpo di mano, l'ennesimo consumato all'ombra del governo Napolitano, quest'ultimo il prototipo di fintocomunista gradito ai poteri forti veri, quelli sovranazionali, il dormiente che la NATO (non dimentichiamo la definizione My favourite communist coniata in epoca [sospetta] al suo indirizzo da Henry Kissinger) ha risvegliato a comando, e pensare che c'è ancora chi lo considera il Presidente degli Italiani.
Matteo Renzi (come Letta d'altra parte, ma oramai la logica è divenuta complottismo agli occhi di giornalistoni come Vittorio Zucconi e l'altro paraninfo Eugenio Scalfari, di fatto strumento di diffusione col suo Repubblica di una informazione di distrazione di massa) non è stato eletto con un suffragio popolare bensì da una farsa di primarie partitiche, farsa in quanto un anno prima le medesime primarie lo avevano condannato a comprimario di Bersani, un collega che si era proposto al proprio elettorato (non agli italiani tutti, agli elettori PD) con un corredo di frasi fatte, proverbi e giochi di parole da far invidia ad un cabarettista. Bello statista, anche Bersani.
Questo fatto deve darci da pensare. Le Elezioni sono superflue, afferma Napolitano.
La classe politica, la casta, non ha quasi più paura degli italiani, li ha pesati al momento del governo Monti, a quel momento ancora aveva bisogno di dimostrare che Berlusconi danneggiava l'Italia, aveva bisogno dello spread come alleato per spingere al consenso la gente, oggi della gente non gliene frega più niente, sono onnipotenti.
L'Italia è governata da un partito che ha ottenuto grossomodo il 25% dei voti, per di più con un astensionismo impressionante (il 50% di astensionismo quindi aritmeticamente i voti PD rappresenterebbero il 12,5% dell'intero corpo elettorale). Si può far decidere il destino di un paese a chi ne rappresenta il 12,5%? Si può far rappresentare un paese, nelle scelte vitali dell'economia e della geopolitica, da gente che non ha mai lavorato un giorno nella propria vita pagando di persona per le proprie decisioni ma al contrario si è sempre riparata dietro il comodo scudo protettivo dello Stato?

SOBRIETA' E CRISI
I telegiornali invitano all'entusiasmo, infatti dopo una corsa precipite al ribasso del PIL (roba come quasi il 10%) due giorni fa qualcuno – ma hanno depenalizzato davvero le droghe leggere, allora? - ha dichiarato con enfasi il successo di una “crescita” del PIL in misura dello 0,1% come dire l'uno per mille. E' calato del 100 per mille ed è risalito del 10 per mille: non c'è che dire, un successone! È la fine della crisi, come dicevano i mentecatti Monti e Saccomanni che vedevano la luce in fondo al tunnel...come ha detto l'Enrico Letta, la crisi è alle spalle...(infatti gli italiani camminano da tempo spalle al muro, chiosava Travaglio con “sobrietà”, non riuscendo a trattenersi sull'incredibile assist comico/lubrico offertogli dal portaborse). Carlo De Benedetti che ha difetti infiniti ma che cretino non è e più che altro sa far di conto fa capire con diplomazia che chi parla di avvenuta uscita dalla crisi o è in malafede o è un mentecatto o poco ci manca, quantomeno se costoro vedono luci sarà ben che si controllino la macula. Automaticamente De Benedetti viene etichettato (in linea di principio nemmen tanto a torto ma nello specifico ha semplicemente espressa una ovvietà) come uno degli esponenti del potere sotterraneo che vogliono minare il percorso del governo, così ben avviato.
Il buon Paolo Barnard ha gioco facile nel dimostrare che la gogna berlusconiana venne costruita in casa e lanciata da Bruxelles con la famosa storia della lettera della BCE prima (che Berlusconi credeva di poter destreggiare concordando le imposizioni esterne) e con gli assai più concreti acquisti di buoni del tesoro da parte della medesima Banca Centrale. Ma la Banca Centrale non la padroneggia uno stato o un gruppo di stati disuniti, è il braccio armato di ben altre entità. Lo spread venne utilizzato in modo prettamente terroristico giocando con le risorse di una nazione, per decapitare il governo. Buono o cattivo, non è il tema di questo commento. Sono in discussione autonomia, sovranità, ruoli della finanza.Che l'architettura intrinseca alla finanza è articolata in non-regole è ormai palese a tutti. Il cercarne il volto buono invece – forse – è un voler continuare a prenderci in giro.

La sobrietà viene ad imporsi come antidoto e “castigo” (quasi divino...) ai sensi di colpa indotti nella collettività dai nuovi censori (Monti col loden a mezzo stinco, come gli aristocratici di mezz'età) che fustigano i mores dissoluti di quella umanità che ha cessato di esser virtuosa: a metà degli anni '80 il contrarre debiti (quotidianamente, anche per pagarsi le vacanze, a rate, le vacanze...) aveva cessato di essere un qualcosa di cui vergognarsi (H.Kureishi “Il declino dell'Occidente”), il modello capitalista è il modello vincente a dimensione planetaria, debellata finalmente dall'89 anche l'alternativa d'oltrecortina. La parentesi gaudente del capitalismo positivo dura pressappoco vent'anni, con alti e bassi, dall'89 appunto al 2009, quando le magagne della finanza creativa iniziano a venire a galla.
La finanza creativa. La finanziarizzazione delle aziende. La speculazione finanziaria. Gli interventi di quantitative easing (che vuol dire battere denaro in surplus). L'immoralità dei grandi gruppi finanziari, le collusioni delle agenzie di rating. La distanza delle caste politiche dai problemi reali della gente. L'inadeguatezza dei politici e l'incompetenza amministrativa.
Questi sono stati additati come i colpevoli della attuale debacle economica e sociale.
Giusto. Sicuramente. Le vie d'uscita : la crescita. La crescita di cosa? Il creare iniziative. Infrastrutture. Da finanziare con l'indebitamento. Ancora. Crescita, ma del debito.
Crescita. Crescita ancora di più?! Cosa dobbiamo far crescere ancora? Quante scarpe dobbiamo indossare? Abbiamo due gambe e due piedi (almeno i più fortunati) quante scarpe dobbiamo possedere? Un paio per andare a teatro, un paio per andare a zappare l'orto, un paio per andare in ufficio, un paio per andare a far jogging, un paio per camminare in montagna, un paio per andare sulla spiaggia, un paio......quanto ancora a lungo devo continuare? A un certo punto, giocoforza, mi dovrò fermare. E allora anche la Crescita si fermerà, se non ci sarà bisogno per me di acquistare ulteriori scarpe non vi sarà tornaconto per chi le produce a fabbricarne ancora e quindi non avrà interesse a far lavorare ancora i propri dipendenti, le proprie macchine. Voglio dire che il sistema capitalista funziona su precisi ed immutabili parametri : ha senso produrre fino a che produrre dà un utile. Se un mercato è asfittico è inutile pensare di poter pompare le produzioni, non vi è ritorno, non vi è convenienza, non vi è profitto e si innesca la spirale, un cane che si morde la coda, meno produzione meno lavoro meno stipendi meno acquisti meno richiesta meno produzione meno lavoro meno stipendi..... Che senso ha dire che la colpa è della finanza creativa quando questa è solo l'esasperazione della finanza che a sua volta è una componente di base (e le sue non-regole non le detta certo il buon cuore) del modello di sviluppo capitalista? Il fallimento di questi anni è il fallimento del concetto ipocrita di “sviluppo sostenibile” quel concetto che pretende che in un sistema chiuso qual'è fisicamente il globo terrestre sia possibile perseguire una crescita esponenziale all'infinito (come ho chiaramente espresso nel mio saggio del 2012 LIBIA IL NAUFRAGIO DELL'EUROPA), è il fallimento del modello capitalista che droga il PIL con le spese derivanti dall'inquinamento (in un capitolo di spesa) e dalle contromisure per mitigarlo (in un altro capitolo), gli incidenti d'auto e i costi di riparazione, gli armamenti e le devastazioni delle guerre, è il fallimento – purtroppo, e lo dico senza godimento alcuno, essendo tutti noi figli e comunque tributari di questo modello di sviluppo suicida – anche della visione di una possibilità di redistribuzione della ricchezza. Infatti è semplice utopia - anche disonesta – il volersi convincere che sia sufficiente la redistribuzione della ricchezza (obiettivamente concentrata in una percentuale di individui un tantino esigua rispetto alla popolazione mondiale, se è vero che l'1% la detiene) per tornare all'Eden socioeconomico.
Il sistema capitalista funziona se e fino a che vi è profitto. E il profitto maggiore al giorno d'oggi vi è (ma lo era anche prima d'oggi) se riduci i costi. E il primo costo è il personale, il salario della risorsa umana. Che il capitalismo (non il capitalista, che magari può essere umano, bendisposto ed illuminato) non individua come risorsa ma come , appunto, costo. Da qui anche le macchine, l'automazione, il non bisogno – o minor bisogno – dell'uomo (il costo del lavoro stante i livelli di meccanizzazione raggiunti è divenuto per la General Motors una componente minoritaria), per cui anche una eventuale maggior produzione non avrebbe ricadute sulle maestranze ma produrrebbe unicamente maggiori capitali sotto forma di merci in stock. Quindi ulteriori problemi. Ma non c'è bisogno che sia io a ricordarvi che ci ci racconta della Crescita è un disonesto oppure – al meglio – un semplice cretino, vero?
Il modello capitalista è in crisi. Il capitalismo è quello che è giunto al capolinea, non la finanza, che ne è una componente. Se poi vogliamo veder solo una parte del problema, continuiamo a mentirci. Ma così facendo non arriviamo da nessuna parte. Chi ha interesse a rilanciare investimenti per vedersi accrescere i costi dei salari?
Bersani, Letta, Berlusconi, Renzi, Cuperlo, Franceschini,Napolitano, De Benedetti,Romiti,Agnelli, non sono protagonisti, sono esattori, è il modello capitalista che è arrivato allo stadio terminale, stiamo vivacchiando, per tirare avanti stiamo cercando di imporlo a quella metà di mondo che l'ha subìto solo marginalmente, ma non c'è un progetto complessivo, non c'è un metodo...
Gli aspetti finanziari sono una componente, una delle variabili della equazione del capitalismo. Voler mettere sotto accusa solo gli aspetti finanziari è come voler curare il raffreddore turandosi il naso al momento dello starnuto: soffochi quest'ultimo ma non curi l'infreddatura. E' il meccanismo, il modello di sviluppo che è al collasso, non una sua componente, per quanto deviata e pervertita, per quanto sia divenuta una escrescenza tumorale (il denaro che si riproduce da sé, i derivati finanziari: un giochetto piramidale da adulti impazziti, l'ultimo che arriva rimane col cerino corto in mano).
Quello che vedremo domani, chiunque sia il timoniere, sarà ulteriore vantaggio per il capitale, riduzioni di tasse (forse), aiuti finanziari, credito all'impresa, riduzione dei servizi di contrappasso per la socialità, vedremo configurare sempre più vasti ambiti di conflitti regionali e il PIL sarà gratificato (insieme ai signori della guerra) dalla superproduzione in ambiti bellici, per la gioia di mentecatti planetari quali i nostri ministri degli esteri e della difesa.
Ma – voglio ripetermi – criminale è sempre chi, per distrarre dai problemi veri, tenta di indurre nella gente dei sensi di colpa “generazionali”, come se l'aver subito il vero e proprio lavaggio del cervello di cinquanta a passa anni di “promozione” dell'American Way of Life (e non sono antiamericano, badate bene, gli americani sarebbero della bellissima gente, un po' ingenui, ma sinergici, purtroppo il loro entusiasmo è – quasi da sempre – soggiogato agli indirizzi dettati da poco meno che criminali, hanno ammazzato più presidenti loro che avversari le congiure della Roma antica) possano costituire la “colpa”. No, signor Monti e signori della banda parlamentare, non è il cittadino comune che deve aspergersi il capo di cenere e bofonchiare a occhi bassi il mea culpa, siete voi che non avete avuto occhi per vedere più lontano, per avvertire un qualcosa che era assai più determinante della lavatrice comprata a rate e dell'appartamentino al mare: non vi siete accorti che lo stesso ideale gramsciano dell'intellettuale organico che lotta per cambiare il mondo viene in qualche modo disinnescato – nell'epoca della globalizzazione – dalla trasformazione (mutazione, involuzione, o riduzione?) delle singole culture e civiltà in semplici modi di vita più o meno omologati, nel pensiero, nelle gestualità e nelle aspettative?
E quando una cultura, una civiltà, si trasformano in semplice modo di vivere che altro termine si può usare, a quale immagine si può ricorrere se non l'immagine del “tramonto”?
NAPOLITANO?!  NON  DICIAMO  SCIOCCHEZZE, ANDIAMO  ALLE ELEZIONI!!

Nessun commento:

Posta un commento