venerdì 18 gennaio 2013

i ... MALI ... della SIRIA


C'è poco da far giochi di parole, lo scenario di guerra che si propone a questa Europa reginetta della pace era già scritto ed abbondantemente anticipato da quanti abbiano una pur minima conoscenza dei paesi dell'altra sponda del Mediterraneo.
Mai come oggi quella sponda “maledetta” diviene protagonista delle nostre situazioni personali, crisi di governo e crisi economica sono figlie dello stesso malessere che serpeggia a quelle latitudini, e non si risolve niente additando come untori di questa vera e propria pestilenza esclusivamente i grandi mercanti di risorse dei paesi in via di sviluppo, oppure la lobby degli armamenti.
Il morbo è stato creato da una riedizione contemporanea delle velleità del colonialismo – non coloniali, si badi bene, ma del colonialismo, che delle reciprocità proprie di quell'altra grande esperienza umana di migranti ha stuprato concetti, modi e contenuti – messe a servizio non di semplici mercanti ma inserite in una dinamica più vasta di complessiva e globale dominazione.
Negli anni '80 due parti del mondo, due culture e due modi di intendere la vita, la società ed il progresso e la storia si fronteggiano con violenza, senza tregua, e sempre fuori dai propri confini nazionali. Scelgono di volta in volta teatri i più disparati e difficili, sembra quasi – e lo sarà – una trasversale guerra di logoramento, sempre indiretta, per interposta persona, sempre sulla pelle di altre nazioni: la Corea, il Viet-Nam, la Cambogia, i più disparati paesi del Sud America, le foreste e i deserti di mezz'Africa, le regioni del Medio Oriente, l'Egitto.
L'ultimo teatro, in cui ancora oggi si recita a soggetto – anche gli italiani vi sono impegnati, a farsi ammazzare ed a farsi filmare mentre, memori ed emuli dei G.I. dopo lo sbarco di Anzio, distribuiscono cioccolata a ragazzini che già maneggiano i fucili d'assalto meglio di contractor – è quello Afghano. E' la che nasce la “creatura” più riuscita di questa strategia, è là – non tanto su montagne tetto del mondo quanto in campi di addestramento ben strutturati – che essa alligna e accresce la sua consapevolezza in merito alla propria forza, accogliendo volontari idealisti, asceti, disperati, emuli degli Ikhwan (fratelli) di quasi un secolo prima, quelli che posero, nel Neged, le basi del dominio della casa di Saud, ancora oggi dominante. Statisticamente la maggioranza di questi volontari accorrerà dalla Libia dell'est. E' una forza che sarà spesso al servizio di un padrone, di quel padrone che le ha dato la ragion d'essere indicando anche un nemico: l'invasore sovietico. Un padrone che - svanito quel nemico ormai tradizionale, quell'unico concorrente al premio finale, quell'avversario che si era circondato di un muro per non subire contaminazioni e che quasi come tutti gli assediati della storia aveva dovuto alla fine arrendersi ed omologarsi – inconsapevole, come solitamente lo sono gli uomini delle energie che essi stessi hanno scatenato, le trascurerà.
La creatura crescerà, vorrà anche divenire indipendente ed il suo mentore avrà perfino l'ipocrisia di farglielo credere, la presunzione e la sicumera di lasciarle una cavezza molto lunga, così che si possa dimenticarne i natali, così che appaia un qualcosa di distaccato da lui, e si accorgerà che può utilizzarla ancora – cinicamente - così che essa sia al contempo malattia e medicina.
Allorché – all'indomani dell'11 settembre 2001 - “strateghi” del calibro di George W. Bush, Donald Rumsfeld, Dick Cheney, decidono che dalle montagne dell'Afghanistan i mujaheddin che fino a dieci anni prima loro stessi avevano sovvenzionato hanno deciso di scendere verso Manhattan per dichiarar guerra all'Occidente ateo e miscredente, inizia una nuova – e per gli ingenui insensata – crociata contemporanea. Quei mujaheddin, un tempo alleati diventano nemici, Americani, Inglesi, Italiani li ammazzeranno e saranno da loro ammazzati, in un delirio di illogicità, in Afghanistan, in Iraq. Statisticamente la maggioranza dei volontari in Iraq, schierati contro la Coalizione occidentale, accorrerà dalla Libia dell'est. Gli stessi che combatteranno Kadhafi a fianco dei Francesi, Inglesi, Italiani. Chi è il nemico di chi? Giochi d'ombre. Sanguinari, ma giochi d'ombre rimangono.
E' nato il terrorismo internazionale, altro che i limiti “regionali” dell'obsoleto GIA algerino! Avremo il nemico globale, l'instabilità permanente, è l'applicazione su larga scala delle strategie di Brzezinski, a suo tempo consigliere di Jimmy Carter (si, quello delle noccioline) e successivamente sempre al centro della storia dell'egemonia americana e protagonista pesante ma dalla – lui sì – sobria visibilità mediatica.
Il nero della bandiera della creatura, sostituito lugubremente al limpido verde del Profeta, sventolerà spesso – sinistramente orgogliosa, cupamente sobria – accanto a quelle frivole e multicolori dei paesi “ricchi”. Di minuto in minuto, a corrente alternata alleata ed obiettivo, agli occhi della dabbenaggine dell'opinione pubblica mondiale. Quello che da vent'anni a questa parte è il nemico di tutti, per l'immaginario collettivo la materializzazione del termine terrorista, è di volta in volta utile alleato, avversario da debellare, motivo per intervenire, ragione per sostituirsi a... o portarlo per mano, magari verso la democrazia, il genere di consumo più esportato, ancor più della semola per il cous cous.
In Libia nel 2011 il caso recente ed eclatante, la creatura viene nutrita ed armata, servita di comodi car-ferry per le incursioni alle città costiere, è la parte appariscente – insieme ai malcelati corpi d'élite degli eserciti europei, dei paesi del Golfo, degli Stati Uniti (mezzo mondo in pratica) – del capovolgimento della Jamahiriya. I medesimi soggetti che in Afghanistan, in Iraq, avevano sparato sui soldati americani, liberati da carceri come Guantanamo, vengono stavolta addestrati dagli stessi “consiglieri”. Un alto ufficiale si rifiuta, è richiamato in patria. La logica è morta.
Dopo la Libia è la Siria il target delle multinazionali della “solidarietà agli oppressi” a suon di attentati e disinformazione e la bandiera nera, di nuovo, sventola dalla parte del fronte ch'è opposta al governo di Assad. La creatura è divenuta un professionista ed una protagonista, nei telegiornali il suo nome è sfumato mentre al contrario le diplomazie fanno a gara per “riconoscere” gli insorti contro il potere costituito. Ma la creatura ha ancora un lavoro da svolgere, anzi più di uno: tra gli altri impegni “contrattuali” ha un conto personale in sospeso con quei Tuareg che per quasi 8 mesi hanno sostenuto sul campo, contro la più potente coalizione militare di tutti i tempi, l'unico uomo di stato d'Africa ad aver riconosciuto loro un diritto di cittadinanza, Muammar al Kadhafi. Morto questi – com'era d'uso tra i cavalieri d'un tempo, e com'è tradizione tra i beduini – cessa la ragion d'essere, la loro visione politica e spazio-temporale non è la nostra, sono nomadi, non possiamo valutarli col nostro metro, hanno raccolto armi (tante) e bagagli e sono tornati nei paesi d'origine – nomadi da sempre, mercenari mai – in ispecie in quel Mali che da un'eternità ne ospita una comunità cospicua.
La storia va avanti, non ci si guarda indietro, ed è giusto sia così (è la realtà della Libia di oggi, la storia riparte, giorno dopo giorno, è una dimensione a noi sconosciuta, sono popoli giovani, sono popoli "di giovani", in Europa siamo nazioni di vecchi, restiamo ancorati al passato, loro vanno - comunque - avanti, le investiture carismatiche, forse, sono questo: un grande, assoluto potere ed un improvviso tramonto) potrebbe essere la metafora della parabola di Kadhafi. Per i Tuareg può essere finalmente il momento di riprendere in mano il proprio destino, da uomini liberi, il MNLA (Movimento Nazionale di Liberazione dell'Azawad) prende campo, con la sua sola presenza allontana dai propri territori le basi di AQMI, la succursale della creatura, inquilina di questo quadrante regionale, e profitta della crisi del governo centrale per stabilizzarsi.
Ma sarebbe troppo semplice, forte dell'oramai collaudato e generoso sostegno dei potentissimi emirati del Golfo, la creatura si ripresenta, multiforme com'è e radicata com'è nella regione saheliana di cui controlla traffici d'ogni genere. Ricca dei denari dei propri sponsor che non si limitano a possedere mezza Costa Smeralda e il Paris Saint-Germain la multiforme creatura si vede affiancare dall'ulteriore acronimo “MUJAO” e in poco tempo, con una disponibilità a dir poco formidabile di mezzi, uomini ed armamenti sbucati fuori dal nulla del deserto del Sahara (misteri del Sahara!) mette in un angolo il Movimento Tuareg per l'indipendenza dell'Azawad. Questa situazione e la presenza della creatura nel Sahel “finalmente” costringe all'intervento pacificatore gli uomini di buona volontà: per prima la Francia, gioca in casa, a ruota accorre (o la rincorre...) l'Italia che – portatrice di pace e cioccolata - come per la Libia non combatte, si limiterà a fornire supporto logistico (in Libia gli aerei italiani nel 2011 compiranno non meno di 700 missioni operative...). Ma non è quella italiana iniziativa estemporanea di un ministero o di un generale bellicoso, è figlia dei programmi dell'Agenda Monti, già in attuazione nello specifico per una maggiore affermazione dell'Italia a fianco delle altre potenze occidentali. A cominciare dalla Germania il cui dispiegamento di forze militari all’estero – stando alle affermazioni di inizio anno della Cancelliera Merkel - "coprirà presto l’intero globo". La Germania, al solito taciturna e lavoratrice “a testa bassa”, è al terzo posto mondiale (alle spalle di Usa e Russia) nell’esportazione di armamenti, i “suoi” missili Patriot sono schierati (pare insieme a centinaia di uomini) in Turchia (vecchia alleata fin de siécle) per imporre alla Siria una no fly zone effettiva e non dichiarata.
In televisione l'MNLA viene - come prevedibile - definito tout court “i ribelli Tuareg del nord del Mali” per quel popolo – dall'800 in poi – non vi sarà, non dico pace, erano e sono guerrieri, almeno rispetto e libertà. Ed oggi Hollande, sorpreso per le capacità belliche dei “...gruppi islamisti, bene armati ed addestrati...” prosegue il percorso di Sarkozy, ovvero il percorso che è costretto a improntare per mantenersi un passo avanti al concorrente americano, sempre più “protagonista” nel quadrante sahariano ed affamato di risorse naturali e di mercati. In ogni caso, è una vita che la Francia coloniale si ritrova i Tuareg tra i piedi. Stavolta, con l'intervento dei soldati della CEDEAO, l'organizzazione dei paesi dell'Africa occidentale (forse influenzata dalla vecchia padrona europea?), sarà forse anche l'occasione giusta per rimettere in riga le "asfissianti aspirazioni autonomiste" di quei patetici ricordi del passato che non si sono ancor decisi ad abbandonare spade e turbanti e che ai vari governi "allineati" non fanno che crear problemi.
La gente non si interessa di altro che di quello che vede accanto a sé e lo fa soltanto – talora ma non sempre - se la riguarda direttamente e se può profittarne. A chi volete importi di gente che vive come eremiti su montagne coperte di neve, di gente che si accontenta di una ciotola di riso o di sentir scricchiolare la sabbia tra i denti mentre divide con le dita pizzicotti di cous cous, che per di più ama impostare le proprie regole – anzi, la propria regola – sull'impronta poco sofisticata di una lettura rigida di Mosé e dei profeti... E come al solito ma chi se ne frega di quelle polverose contrade lontane, lontanissime, che ci importa, noi abbiamo la crisi, mandiamo l'esercito laggiù a far del bene, a metter pace tra quei ribelli...
Pace? L'11 dicembre il gruppo PD alla Camera dei deputati ha lamentato che “l’efficienza dello strumento militare del nostro paese è stata messa a repentaglio dai tagli irresponsabili operati dal precedente esecutivo” , il PD non ha invece criticato le spese folli per gli armamenti in tempo di crisi contrapposte ai tagli a servizi e sanità, ha criticato i tagli agli armamenti dell'epoca Berlusconi.. E' tutto dire.... Berlusconi ci ha portati in guerra contro la Libia – paese di certo con mille questioni irrisolte ma fino a prova contraria paese sovrano e socialista – e gli esponenti del partito che dovrebbe rappresentare l'eredità del socialismo ne critica la sobrietà in fatto d'armamenti.
Ma in che mani siamo?!? Pace , fratelli , e bene.


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