Non pochi amici,
frequentatori più o meno regolari del blog, da tempo mi ripetono del
proprio imbarazzo in merito ad alcuni temi di politica estera che mi
capita di trattare frequentemente. Il loro imbarazzo – e per alcuni
un vero e proprio freno all'inviare commenti – risiederebbe in una loro non “competenza” in materia, che so, di fatti algerini piuttosto
che libici o inerenti il confronto tra religioni oppure nella loro conseguente inadeguatezza a discutere magari la mia
affermazione – assolutamente determinata – che parlare di ISIL
non è parlare di Islam e che chi al contrario si esprime in tal
senso fa disinformazione oppure non capisce niente. E' di un paio di
giorni addietro una affermazione di questi contenuti, è stata fatta
nientepopodimeno che dal Pontefice di Roma. Che dell'argomento
-almeno per “mestiere” - avrebbe il dovere di parlare a ragion
veduta. Perchè l'ISIL, caro Francesco, altro non è che una creatura
del colonialismo occidentale, per esser precisi del neo-colonialismo,
e niente ha a che fare con l'Islam che è una delle tre religioni
rivelate. Una creatura (quella che poi diverrà ISIL) che con nomi e configurazioni diverse è stata
usata in Libia, poi in Siria, a servire gli interessi non certo di
quei Paesi ma di chi aveva motivo di sovvertirne la stabilità. Non è
una mutazione cavalleresca (sic...) del qaedismo (sic...) o di un rigore salafita (che è altra cosa dalla ipocrisia dell'idea saudita cresciuta all'ombra ed a braccetto degli imperi europei). Sembra che
Francesco si rifaccia alle teorie perlomeno surreali della Loretta
Napoleoni (nomen omen) soi-disant massima esperta (boia deh! è perlomeno modesta) di
terrorismo internazionale in un farneticante saggio sull' Esercito
Islamico non per niente pubblicato in pompa magna da Feltrinelli.
Ma con questa
battuta – che avevo in gola, anzi sulla punta delle dita, dal
momento stesso in cui ho ascoltato le parole del Papa in TV – non
faccio altro che appunto “imbarazzare” di nuovo i miei lettori
(che per carità non invito a documentarsi sulla Napoleoni, così
tenera da metter sul proprio sito internet una propria foto di forse
trent'anni fa!), stavolta contesto addirittura il Papa Francesco, il
Papa di moda, sobrio come raccomandava Mario Monti... Prometto ad amici ed amiche di impegnarmi a spiegare ogni dettaglio, a costo di ripetermi, se necessario. Ma non chiudetevi in un angolo, i nostri ambiti individuali risentono - e di brutto - del contesto complessivo, e non per la teoria del battito d'ali della farfalla in cina, non si parla di battiti d'ali, si parla di cambiamenti nei rapporti tra parti del mondo. Chi è così miope, anzi cieco, da non comprendere che le ricadute saranno anche nel privato?
No, oggi voglio
parlare di cose più spicciole, i Massimi Sistemi li lasciamo ai
professori ed alla stampa di regime (avete sentita la battuta ieri
sera di un ospite de “La Gabbia” sulla 7 allorché quel signore è
insorto affermando che la più grande responsabilità è nella stampa
che distorce e manipola l'informazione?), anche se, come vedrete,
stiamo parlando sempre di aspetti generali che hanno origine nel
particolare (i Massimi Sistemi, insomma, si interpretano e alla fine ritorcono nella quotidianità più spicciola, non date retta ai venditori di fumo che li pretendono argomenti da iniziati).
Ho veduto per strada
un manifesto dei “forzisti” che rivendicano il proprio acume in
merito alla questione (tutta fiorentina, all'apparenza)
dell'aeroporto di Peretola.
Allora, questi GENI
sbandierano il fatto di aver sempre sostenuta la tesi della necessità
della nuova pista, un giochino da – si dice – 600 milioni di euro
o giù di lì.
Nel manifesto, che
vedete qui sopra, vi è una affermazione che di questi tempi più che
dare certezze, più che certificare una verità (come vorrebbero gli
estensori del manifesto), appare quantomeno sospetta e strumentale:
l'ENAC ha stabilito che Firenze ha bisogno (Firenze deve avere una
pista...) di una pista da 2400 metri. Il DOGMA (la necessità della
nuova pista) e il profeta (L'Ente Nazionale per l'Aviazione Civile,
una delle tante strutture corteggiate dagli yes-men dei vari Capitani Coraggiosi e dagli utili
idioti della politica fallimentare). A parte i fatti risaputi anche
dai più sprovveduti ovvero che Parigi ha aeroporti distanti 40
minuti buoni dalla città, Londra idem, solo nel caso di Berlino si
ha un aeroporto “cittadino” e più o meno in tutto il mondo gli
aeroporti sono abbastanza lontani dai centri città, aparte che
sarebbe assai più intelligente sviluppare i rapporti ferroviari tra
Firenze e Pisa e semmai integrare quello di aeroporto, specialmente
in un momento storico congiunturale,noi NO! Abbiamo ora anche Renzi,
il ragazzo di Rignano sull'Arno, che da buon provincialotto ma grazie
alla politica frequentatore dei salotti patrizi più blasonati della
città del fiore, propugna per Firenze la necessità quasi etica di
disporre di un aeroporto da grande metropoli. Perché Firenze è
cultura (stop, sarebbe solo quello, e turisti sgangherati e
fast-food, se il principino non se ne fosse accorto) e quindi si
merita di sperperare 600 milioni dei propri cittadini.
Più lavoro! Sbraita
il manifesto degli alleati di Renzi, i queruli servi sciocchi dello statista mancato del patto scellerato del
nazzareno (minuscolo e con due zeta), certo! Più lavoro, sullo
stile di Roma MafiaCapitale, di sicuro. Più rilancio dell'economia: il mantra demenziale della crescita senza fine. Perchè sono tre le certezze
e le strategie.
Uno, Strategie: le
Grandi Opere sono concepite in linea di massima per creare debito e
finanziamenti (accensioni di mutui) che nei decenni si spalmeranno
sulla gente, non certo su chi ha operato tali scelte.
Due, Fatti,
Certezze: le Grandi Opere in Italia, in genere – è storia, non
sono maldicenze – sono appannaggio di cartelli dalla quantomeno
“discutibile” composizione. In Toscana come nel Lazio, come in
Lombardia, è un sistema, un sistema che inizia nel malaffare delle
piccole ricompense con cariche nelle partecipate o nelle Provincie e
Regioni anche al più insignificante e inutile ed ignavo consigliere
comunale e via via ingigantisce nell'inerzia dello Stato e dei
controllori coperto dalla complicità di quei riconoscenti parvenus
della pubblica amministrazione e delle partecipate. In TV i sindacalisti "collaborazionisti" della nuova gestione cinese di una industria metalmeccanica del nord spiegano che hanno tenuto il posto per poter contrattare i diritti degli altri colleghi, ma perché 150 di questi se ne sono andati a casa e i sindacalisti invece no? E' la storia di sempre, quella delle canne al vento, flessibili, solo che talvolta bisogna esser diversi da un ammasso di fibra inerte...ma questa gente non ha etica, si sentono diversi dai propri consimili, sono eletti, a modo loro vogliono essere i primi degli ultimi ma invece sono gli ultimi dei primi, i loro servi e giullari.
Tre: la Crescita è oggi una utopia, peggio, è una forma di disonestà intellettuale. E non perché a questi mentecatti di falsi imprenditori non riesca. La crescita infinita non può esistere.
Stessa città,
Firenze, stessi deliri. Siamo stavolta sul greto dell'Arno, dove
degli sfaticati trascorrono il proprio tempo libero a spolmonarsi allegramente su
remi e pagaie, godendosi – gli uni sotto Ponte Vecchio – gli
altri poco più a monte lungo l'oasi verde dell'Albereta, gli
scorci più esclusivi di questa città, scorci che i turisti vengono
ad invidiare da tutto il mondo e che possono invece esser vissuti
nella quotidianità semplicemente dandosi – per l'appunto – una
semplice disciplina: quella del remo.
Ebbene da che mondo
è mondo le società di canottaggio – da Roma a Torino, limitandosi
ai casi più evidenti – hanno sedi, depositi di barche, circoli di
ritrovo, palestre, nelle immediate prossimità dei corsi d'acqua. Per
definizione.
Ora è noto che un
Regio Decreto, il 523 del 1904, definisce l'impossibilità di
edificare, piantare alberi ecc. negli alvei dei fiumi, ed è un tema delicato di questi
tempi dopo che la disinvoltura di imprenditori e amministrazioni
pubbliche hanno stuprato il territorio e cagionato vere e proprie
tragedie ambientali ma stavolta si tratta di discernere tra forma e
sostanza.
Forma e sostanza
oppure forma o sostanza?
A Torino sono ben
più numerose che a Firenze le società di canottaggio e guardate le
sedi dove sono ubicate!? Non di certo sulla montagna di Superga. Sono
sul fiume. E il fiume – il Po, non un torrentello qualsiasi – è
vissuto dalla città in modo assai disinvolto e viscerale, con locali
posti in luogo di vecchi magazzini proprio a pochi centimetri di
dislivello dal pelo dell'acqua. Nella foto che precede e in quella seguente sono visibili, di fronte al medesimo parapetto ed a poca distanza una dall'altra, strutture di tutto rispetto, sono per l'appunto i Circoli di canottaggio (Caprera, Cerea ed Esperia, tanto per la cronaca).
Ma a Firenze si ha
memoria di una ostinata battaglia di qualche anno addietro tra la
Canottieri Firenze (Pontevecchio) ed un ostinato – o malevolo –
funzionario. La burocrazia pretendeva l'abbandono dei locali sotto
agli Uffizi, dove è ricoverata la flotta remiera tra le più
blasonate d'Italia, notate che nel 1966 al momento dell'Alluvione di
Firenze l'acqua non penetrò nella società dal varco sul greto, ma
dalla porta pedonale sui lungarni, come un qualsiasi negozio, e la
porta è ben fuori dall'alveo. Sostanza o forma?
Adesso la storia si
ripete, con la Canottieri Comunali, con una variante che di questi
tempi appare ai maligni assai sospetta: la demolizione della
struttura della Canottieri, la demolizione della struttura della
adiacente piscina della Rari Nantes, la ricostruzione nell'ambito di
un nebuloso progetto di infrastruttura mista Nuoto/Calcetto/Canoa,
tanto farraginoso quanto poco concretizzabile, e in fin dei conti
nuovamente – salvo dimostrazione contraria – fuori norma, stante
il fatto che se la Canottieri in alveo oggi si trova, per elementi
fattuali insiti nella funzione in alveo si dovrebbe trovare anche
successivamente... a patto di non collocarla sulle colline di
Fiesole.
C'è da dire che il
progetto di ricollocazione muoverebbe risorse, cioè quattrini, e
allora cosa c'è – di nuovo – di meglio che in un momento di
crisi bestiale mettere in cantiere nuovi lavori?
Così da poter
lanciare qualche bel bando che poi verrebbe vanificato dai
subappalti, dai fallimenti strumentali, dagli affidamenti a
trattativa privata magari...
"Dove c'è gioco c'è quattrini..." si dice a Firenze.
Ma com'è che sui giornali fiorentini si parla così poco e così male, nel caso, della questione? Com'è che una questione così all'apparenza banale - nella logica del buonsenso - rischia di trasformarsi nell'ennesimo spreco di denaro dei cittadini? Nell'ennesima stupidaggine compiuta nel rispetto di una burocrazia demente e borbonica?
"Dove c'è gioco c'è quattrini..." si dice a Firenze.
Ma com'è che sui giornali fiorentini si parla così poco e così male, nel caso, della questione? Com'è che una questione così all'apparenza banale - nella logica del buonsenso - rischia di trasformarsi nell'ennesimo spreco di denaro dei cittadini? Nell'ennesima stupidaggine compiuta nel rispetto di una burocrazia demente e borbonica?
Ma siamo a Firenze,
mica a Roma, là hanno MafiaCapitale, qua noi abbiamo i Medici e il
Brunelleschi, con memorie così che paura abbiamo?
Pare abbiano parlato
di cifre intorno ai quattro/cinque milioni di euro per tutto questo
pacchetto: Se fossero solo per il canottaggio sarebbe una rapina in
piena regola, se invece nella cifra dovesse rientrare anche la
piscina sarebbe una presa per i fondelli.
Purtroppo non sono i tempi dei Medici e del Brunelleschi, ma dei Renzi e dei Berlusconi, dei Letta e dei Monti e dei loro valletti, delle loro trame e maneggi, di sensali, nani e ballerine, dei Passera innamorati del Ponte sullo stretto e che salvano sempre le banche e mai la gente, troppo impegnati nelle prime alla Scala, trasformando la cultura stessa in qualcosa di malsano, di marcio, di volgare.
La Comunali
nell'evento del '66 non riportò sostanzialmente danni, il tappo
vero, se vogliamo, fu quello di Ponte Vecchio...ma è ovvio, non di
questo si parla, i fiorentini ben ricordano i lavori di anni di
quell'escavatore che dragò ininterrottamente il fondo del fiume tra
Ponte alle Grazie e Ponte Vecchio, per consentire un vantaggio
“geometrico” all'acqua rispetto alle volte di quest'ultimo,
perché, se guardassimo alla geometria, sarebbe perlomeno
lapalissiano che il teorico volume d'acqua della sezione d'ambito
della Canottieri Comunali presso il Ponte da Verrazzano non potrebbe
mai essere ospitata dalla vera e propria insenatura più a valle, con
la vera e propria “chiusa” materializzata dal prestigioso
monumento all'arte dei beccai, prima, e degli orafi, poi.
La cittadinanza
fiorentina, litigiosa per vezzo e per tradizione, divisa ad arte dai
propri politicanti (di politici veri ahimé, qua in giro non se ne
vedono da un pezzo) e più adusa a godere delle disavventure del
prossimo piuttosto che ad impegnarsi per un interesse comune,
riuscirà a discernere in questa querelle il naufragio della capacità
di pianificazione della classe dirigente locale (e per estensione
nazionale) e a non consentire ancora una volta alla legittimità
della forma di prevalere sull'opportunità della sostanza?
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