giovedì 23 maggio 2013

UNA CHIAVE DI LETTURA DIFFERENTE


Ci stiamo avvitando, giorno dopo giorno, dopo mese, anno, in una spirale di illazioni, di referenziati pareri e specialistici teoremi che in realtà altro non sono – nella migliore delle ipotesi – che semplici opinioni relative ad una crisi senza precedenti, una crisi che – mi duole affermarlo e sarei felice di essere smentito domani – non può finire senza un “drammatico” sconvolgimento dei modelli cui siamo abituati. Ne sentiamo di tutti i colori, gli avvicendamenti e le autoreferenziazioni ai vertici delle associazioni di categoria assumono connotazioni da grand guignol, Squinzi che protesta un ruolo  dell'imprenditoria italiana, una imprenditoria che - al più - brilla per la propria conclamata inesistenza.  Credo sia ormai sufficientemente dimostrato che anche le più ciniche e “tradizionali” valvole di sfogo e fonti di indotto come le guerre in casa d'altri in realtà comincino a tradursi in ulteriori detonatori interni. Forse è necessario cercare un altro lessico per almeno iniziare a darci delle spiegazioni sul “nostro” presente. Parlar di futuro sarà un progetto, proviamo a capire l'oggi, prima di ipotecare ulteriormente il domani.
Una chiave di lettura decisamente diversa ce la può offrire un testo di Roger Bastide, uscito in Francia nel 1975 (e non è un anno né un periodo casuale, il 1977 da noi fu l'anno delle grandi rivolte studentesche e delle reazioni criminali della strategia dei cosidetti “corpi e servizi deviati” ) e pubblicato nello stesso anno anche in Italia : “Il sacro selvaggio” (Le sacré sauvage), niente di fumoso o rousseauiano, nessun buon selvaggio voltairiano (per quanto ci sia da andar cauti con le generalizzazioni su Voltaire, anche se datate, griffate e ripetute ad arte dai soliti critici ed esperti), Bastide è stato uno studioso di realtà comparate, sociologo ed antropologo ed impiegava nella sua pratica “sul campo” quella non comune propensione all'ascolto delle culture differenti. Bastide, nel suo studio delle “origini” non può che relazionarsi direttamente con il mito ed a catena con gli aspetti religiosi più “lati” comunque presenti anche nella nostra società.
E' un testo che Vi sorprenderà, se avrete la pazienza di non farVi distrarre dalla sua relativa lunghezza o dalle ricorrenti (e rincorrentisi) notizie e rivelazioni (scoperta dell'acqua calda in realtà) che nel frattempo la cronaca ci dona sulla genesi dei potentati di cui Mario Monti è espressione, oppure della novella perdita di purezza della Cristine Lagarde (Fondo Monetario Internazionale) inquisita in Francia per “giochetti” a vantaggio dell'amico imprenditore Tapie (intimo, manco a dirlo, fa anche rima, di Sarkozy).

E' un frammento di un saggio del 1975, non scritto quindi in epoca di facili “profezie” sul presente, è una consecutio di riflessioni e di logica non un tentativo per – comunque – nobilitare ciò che sta causando il degrado progressivo e all'apparenza inarrestabile di quella che è stata – indubbiamente – una grande civiltà, erede della greca e della romana, rinsanguata nei millenni dall'apporto delle altre civiltà mediterranee (limitanee ma non minori) della sponda sud e dell'Oriente più prossimo. Al proposito del testo che segue verrebbe da usare (tanto per abbondare nelle citazioni autorevoli) quella nota di Einstein per il quale "La religione senza la scienza è zoppa, ma la scienza senza la religione è guercia"...

“...Certo il capitalismo ha origini essenzialmente economiche, presuppone la scoperta di metalli preziosi, l'accumulazione del denaro, tutta una serie di condizioni che sono di ordine puramente materiale. Queste condizioni, tuttavia, si ritrovano in forme più o meno simili tanto in Cina che in India che nell'Europa Moderna. Come mai, allora, in un caso ha trionfato e nell'altro no? Max Weber, nei suoi notevolissimi studi di Sociologia religiosa, si è posto questa domanda e ad essa risponde dicendo grosso modo che il capitalismo, per poter nascere, esige anche un dato clima spirituale, una data atmosfera religiosa. La formazione delle caste, frutto della religione braminica, ad esempio, ha impedito in India lo sboccio di questo regime economico che si andava disegnando, mentre in Occidente la Riforma protestante era destinata a creare l'atmosfera a lui più propizia.
Ci possiamo allora chiedere – poiché la morale puritana non è, si intende, la condizione sufficiente, ma per lo meno una condizione necessaria della società capitalistica – se la crisi attuale del capitalismo non sia legata ad una crisi religiosa scoppiata all'interno del protestantesimo.
La trasformazione delle botteghe in fabbriche, il gigantesco sviluppo di queste ultime erano possibili solo grazie alla concentrazione del capitale nelle mani di pochi. Questa concentrazione, a sua volta, poteva verificarsi soltanto se l'individuo, invece di usare il suo denaro in spese voluttuarie e in orge estetiche, come avveniva nelle corti d'Italia e di Francia, se lo teneva stretto, dal momento che la sua religione gli vietava per l'appunto il lusso e l'erotismo; a questo modo l'oro disponibile veniva investito nell'impresa. E il protestantesimo con lo sviluppo della sua rigida morale doveva fatalmente pervenire al primo sviluppo del capitalismo.
Doveva senza dubbio giungere il momento in cui il capitale di un uomo solo non sarebbe bastato ad ampliare un'opera iniziata non per il profitto, ma per la gloria di Dio. Bisognava fare appello al pubblico risparmio. Questo risparmio però, si poteva trovare solo tra contadini e artigiani che avessero imparato a non sacrificare a Mammone e alla Lussuria, ma ad economizzare, cioè anche in questo caso tra gli artigiani e i contadini riformati, e in particolare tra gli adepti delle piccole sette non conformiste, in quanto animati da un'etica più severa, da una fede più intransigente. L'Inghilterra e l'America diventavano quindi il regno del grande capitalismo e Ford, il miliardario che beveva solo acqua, un personaggio da leggenda.
Ma, per uno strano paradosso, la stessa morale che aveva generato il capitalismo era destinata ad ucciderlo, dal momento che la fabbrica può funzionare solo a condizione di vendere e la vendita è possibile solo se alla mistica puritana del risparmio si sotituisce una mistica dello spendere. Il capitalismo era dunque costretto, per continuare a vivere, a restaurare l'antica religione pagana della gioia e a strappare le bende sacre in cui l'aveva racchiusa il protestantesimo. Essa fece ritorno, baccante ebbra (la letteratura americana dopo Walt Withmann sta a testimoniarlo, questa letteratura dionisiaca, in apparenza anti-capitalistica, è in realtà funzione della produzione capitalistica) ma superò l'ambito dei consumatori per sostentarsi sul grosso capitalista. Fino al ventesimo secolo in effetti il capitale aveva una funzione sociale, serviva a sviluppare l'industria e il commercio. Ma l'antico legame tra il denaro e l'utilizzazione delle risorse naturali si è infranto...Al capitalismo industriale o commerciale ha fatto seguito il capitalismo speculatore, il gusto del gioco, la passione dell'avventura finanziaria. Se vogliamo, il capitalismo che era nato dalla morale è uscito dall'ambito della moralità per entrare in quello dell'estetica. Ma si sa quali furono i risultati di questo cambiamento, i crac fragorosi che lo seguirono, le crisi finanziarie, le rovine dell'anteguerra, prima nell'America del nord, il paese in cui quel capitalismo speculatore si era più sviluppato, poi, di rimbalzo, attraverso tutta l'Europa...
Sembra dunque che si potrebbe integrare la storia del nostro regime economico in una sorta di dialettica hegeliana dove la tesi genera necessariamente l'antitesi: il puritanesimo rende possibile il capitalismo e il capitalismo uccide il puritanesimo.
La crisi del capitalismo, nella sua forma attuale, dato che non vogliamo dare giudizi sul mondo di domani (!!!), sta nel fatto che ci troviamo in pieno periodo di opposizione, di lotta tra la tesi e l'antitesi. La vita è possibile solo grazie all'equilibrio tra produzione e consumo. Orbene l'etica puritana, per i paesi protestanti, l'etica francescana, per i paesi cattolici, rendono possibile la produzione fornendole il capitale necessario, ma da un altro lato impediscono il consumo frenando i bisogni. L'etica pagana consente l'intensificazione dei consumi, ma trasformando il capitalismo industriale in capitalismo speculatore e sviluppando nelle classi inferiori una politica di credito priva di basi economiche solide, scompagina la produzione.
La crisi del capitalismo è quindi il risultato di questa contraddizione tra due morali e, al di là di esse, tra due mistiche. Si tratta essenzialmente di una crisi religiosa....”

Come vedete in queste righe c'è veramente tutto ciò che stiamo subendo, che ci vediamo davanti quotidianamente, propostoci però oggi in una strumentale nebbia mediatica mirata a confonderci.
Temi impressionanti, e ancor più detonanti poiché logici, affrontati da giganti come Bastide, Weber – temi che alla base hanno argomenti che a suo tempo hanno visto battagliare Voltaire, Locke e Montesquieu - a questo punto viene spontaneo chiedersi come possanno dei nani come i Marchionne, come i Monti, i Berlusconi, i Benetton, i Caltagirone, uomini d'apparato come i D'Alema, i Napolitano, i Prodi, i Gasparri, e sono soltanto alcuni dei nomi nel girone dantesco dei figuranti della politica che si affollano, in un ricambio che ricambio non è ma è sterile mutazione, anzi un aggiungersi di comparse, un indossar abiti sgargianti, drizzar nasi e strattonar palpebre in un maquillage grottesco, un coniugarsi omologandosi nel non capire, come possano – dicevo – affrontare temi così rilevanti.
Semplicemente non hanno la statura per comprendere concetti così semplici.
Perché alla fin fine sono i concetti semplici ad essere quelli più difficili da comprendere, da metter in pratica, quelli difficili sono soltanto concetti semplici rivestiti di “niente”, pour épater le bourgeois, per stupire la gente in modo pacchiano. O in modo criminale.

Datemi ascolto, stiamo tutti vivendo un momento delicato, forse decisivo, le cose stanno accadendo ora, la Storia contemporanea - forse a qualcuno ancora questo particolare sfugge - la si scrive ogni giorno nelle piccole cose, il tornado non colpisce solo e sempre quelli accanto a noi , fate un piccolo sforzo, vincete la pigrizia o la riservatezza, fate girare un Vostro commento, una Vostra critica, date luogo ad una discussione. Può servire. Siamo testimoni anche qua, a casa nostra, del nostro tempo, non occorre - sempre - avventurarsi in luoghi maledetti. Possono esserlo anche le nostre periferie, parliamone insieme, lo dico anche agli autori di altri blog, non coltiviamo orticelli cinti da filo spinato... Io non ci guadagno dai commenti ma forse tutti possiamo guadagnare da una discussione, da un allargare una opinione.

4 commenti:

  1. Sulla crisi del capitalismo in occidente proviamo a pensare che non fu lincoln ad abolire la schiavitù in America, ma essa venne meno quando si capisce che le macchine costavano meno degli schiavi. In occidente il sistema è entrato in crisi quando si capisce che i nuovi schiavi costano meno delle macchine (basta sostituire la parola delocalizzazione a nuovi schiavi) quando posso pagare uno ottanta centesimi di euro il giorno chi me lo fa fare di investire in occidente??

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  2. ...e la cosa è ancor più perversa se pensi che le famigerate delocalizzazioni che citi altro non sono - tra l'altro - che il frutto "sponsorizzato a suon di contributi" delle lungimiranti strategie della CEE. Anzi, più esattamente la neo-ministro Emma Bonino, dalla metà alla fine anni '90, era esattamente commissario europeo (in parole povere gestiva le sovvenzioni alle aziende che scappavano dall'Italia per andare ad aiutare i poveri paesi emergenti...) e nel 2006 sotto Prodi ministro per le politiche europee (aveva funzionato così bene come commissario perché non continuare!?). Questi signori pagavano perfino i progetti di delocalizzazione - si chiamavano di partenariato - anche i progetti e le consulenze che non portavano a niente...tanto la strategìa era un'altra, ben più complessa (e semplice, scusami il paradosso) del semplice sperperare denari non loro, era - come giustamente sottolinei - il progetto dell'annullamento delle nostre aziende, della dispersione del valore aggiunto costituito dal capitale umano.

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  3. IL PERIODO CHE PIU' MI HA COLPITO (...Ma, per uno strano paradosso, la stessa morale che aveva generato il capitalismo era destinata ad ucciderlo, dal momento che la fabbrica può funzionare solo a condizione di vendere e la vendita è possibile solo se alla mistica puritana del risparmio si sotituisce una mistica dello spendere...) E' ANCHE IL MIO MODO DI VEDERE IL BUCO NEL QUALE NOI UMANI ABBIAMO INFILATO IL MONDO, MAGARI EVITANDO DI RICORRERE ALLE RELIGIONI, CHE CONTRIBUISCONO SI' ALLA DISFATTA, MA IN TUTT'ALTRO MODO, MAGARI SFRUTTANDO QUEL CAPITALISMO IN QUALSIASI MODO CONVENGA LORO.
    COLLEGANDO IL PERIODO ALLA NASCITA DEL CAPITALISMO FINANZIARIO (CHE IO DEFINIREI "PURO" PERCHE' NON HA COME FINE ALCUN BENEFICIO PER L'UMANITA') CAPIAMO CHE LA FRITTATA E' ORMAI FATTA....
    IL VITELLO D'ORO HA ORMAI LE SUE BASI SOLIDE, E LO DIMOSTRA LA CRISI IN CUI SIAMO CADUTI, CON LA CASTA CHE SERVE LE BANCHE, DELLE QUALI POI SI SERVE PER RIDURRE LA MAGGIORANZA DEGLI UMANI AD UNA SPECIE DI SCHIVITU'.
    IL CAPITALISMO COSI' INTESO E' PER FORZA DI COSE DESTINATO A FINIRE, ANCHE SE NESSUNO E' IN GRADO DI DIRE QUANDO... MAGARI RESISTE FINO ALLA PROSSIMA GLACIAZIONE (PREVISTA TRA 50 MILA ANNI) SE QUALCHE GUERRA (SI PUO' PREVEDERE DI RELIGIONE, MA ANCHE FORSE DI RIBELLIONE DI QUELLA GRAN PARTE DELLA UMANITA' CHE VIVE DI STENTI CON LE BRICIOLE DEI PAESI RICCHI MA CHE PRIMA O POI PRENDERA' COSCIENZA DELLA PROPRIA FORZA) NON SCONVOLGERA' DEFINITIVAMENTE QUESTO STATO DI COSE E, FINALMENTE, TROVEREMO DI NUOVO L'ANIMALE UOMO AL CENTRO DELL'INTERESSE DELLA NOSTRA SPECIE, E POTREMO FINALMENTE VIVERE IN SINTONIA CON LA MERAVIGLIOSA NATURA CHE GEO CI HA MESSO A DISPOSIZIONE, MAGARI SENZA LE TRAPPOLE DELLA RELIGIONE.
    E SEMPRE SPERANDO CHE SI ESTINGUANO DEFINITIVAMENTE IN NANI VAMPIRI.

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  4. Quello che dici, Paolo, riporta in luce nientemeno che una religione pura e dei primordi, la religione figlia dei miti, sembra ricordare quella vera, quella dei primordi, le divinità ctonie, più che una religione - e mi associo a Te nelle critiche che muovi ad un apparato sempre meno rispettabile - una spiritualità delle origini, quella spiritualità che l'uomo scopriva ogni giorno nella natura. Si Paolo, siamo entrambi di quella generazione, di quella che sta aspettando il giorno del cambiamento, e non sarà tra 50 mila anni. La paura dell'uomo, il terrore dell'approccio fisico, quella paura che è palesata dai droni e dai superuomini di Obama (PNAC http://www.prisonplanet.com/analysis_louise_010603_pnac.html) , dai testimoni dei fasulli eroismi ( i Navy SEAL misteriosamente morti, tutti meno gli ultimi 2, dopo la "missione" di Abbottabad), dalle cronache passate ai reporter blasonati direttamente dagli addetti d'ambasciata nei paesi "maledetti" dalle lobby del denaro e dal FMI. Questa paura dimostra che qualcosa sta arrivando al punto critico.

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