giovedì 10 gennaio 2013

UNO SGUARDO DI LÀ DAL MARE


Può piacere o non piacere, questa è storia contemporanea.
Pochi giorni fa, il giornalista Alberto Negri, corrispondente del Sole24Ore espose anche in TV la sua dotta elucubrazione sulla situazione “critica” della Repubblica Araba di Siria, quello che per l'opinione di un mezzo mondo è un “feroce regime”, reo di inqualificabili (se fosse vero che è reo sarebbero davvero inqualificabili) atrocità sul proprio popolo. I “corripondenti” più blasonati paiono accodarsi alla lettura più cinica o forse più politica dell'interpretazione data da Robert Fisk in merito alla esposizione alle spalle del Presidente Assad delle foto dei 12.000 caduti (ricorda un pò il Gheddafi con le foto dei "suoi" patrioti libici martiri dell'epoca fascista e prima ancora di quella giolittiana, questi mediorientali hanno tutti questo curioso culto per i morti...) dell'esercito siriano come un sillogismo: l'esercito – non il popolo – sarebbe quindi l'essenza del potere. Forse più semplicemente Assad voleva onorare chi ci ha rimesso la pelle facendo il proprio dovere nel difendere la “patria” (concetto da noi espresso da bandiere che pavesano tutti gli stadi di calcio e palazzi del potere nel mentre rinunciamo alla sovranità).
Ora, senza far troppa dietrologia (termine orribile, si tratta di storia), basterebbe riguardare ai fatti di Libia iniziati giusto un paio d'anni addietro con una strategia di disinformazione e guerra mediatica con manipolazione, anzi creazione di notizie interamente fasulle, con l'intervento mascherato di corpi speciali di tutti – in pratica – gli eserciti dei paesi europei, basterebbe guardare alla recente guerra mossa fino all'assassinio dell'unico statista africano contemporaneo che avesse avuto l'ostinazione – e, indubbiamente, ma non sarebbe una colpa, le risorse – per mettere in piedi il Fondo Monetario Africano, in alternativa e sostituzione del Fondo Monetario Internazionale, vero e proprio Golem di indirizzo sovranazionale ed extrapolitico, con buona pace delle anime buone che credono ancora nella filantropia.
Il buon Negri mostrava quella che nella logica distorta qualcuno avrà letto come una adunata oceanica di pochi coatti infilati a forza dentro ad un teatro ad osannare l'ennesimo “folle dittatore”.
Questo soggetto, il Presidente Assad, ha rilasciato alla platea del Teatro dell'Opera di Damasco, alla nazione ed alla comunità internazionale una lucida analisi della situazione del suo paese, minato dalla presenza di terroristi infiltrati e mercenari, Ve ne propongo una sintesi ricavata da un altro blog che risulta notevolmente motivato sulla conoscenza della realtà dei fatti piuttosto che non la crosta più superficiale.
Da quella sintesi ho a mia volta estratto dei brani, per non proporre un testo troppo lungo o che richiedesse conoscenza troppo “tecnica” e regionale..

Hanno ucciso i civili e gli innocenti allo scopo di uccidere la luce nel nostro paese. Hanno assassinato gli intellettuali e gli scienziati per diffondere nelle nostre menti l’ignoranza. Hanno sabotato le infrastrutture costruite con il denaro dei cittadini, in modo che la nostra vita fosse pervasa da sofferenze. Hanno impedito che i bambini andassero a scuola per devastare il futuro del nostro paese. Hanno tagliato i combustibili, l’elettricità e le comunicazioni, lasciando anziani e bambini alla mercé del freddo e senza medicine. Hanno distrutto depositi di grano, hanno rubato il frumento e la farina per affamare il popolo. Si tratta di un conflitto per la conquista del potere e di poltrone, o di un conflitto tra la patria e i suoi nemici? E’ una  lotta per governare, o per vendicarsi del popolo siriano che non ha dato a questi terroristi licenza di frantumare la Siria e il suo tessuto sociale?

La Siria è sempre stata e rimarrà un paese libero e sovrano che non accetta né di servire, né di essere dominato, cosa che ha rappresentato un costante fastidio per l’Occidente. Hanno voluto prendere spunto da eventi interni per liberarsi della seccatura, colpire la cultura della resistenza e assoggettarci. Alla luce di tutto questo, non si può parlare di una soluzione se non si prendono in considerazione i fattori interni, regionali e internazionali. Ogni procedura che non modifica questi fattori non è una soluzione vera e non avrà impatto. Affrontare un dissenso interno dovrebbe servire a costruire il paese, non a distruggerlo. Quando parte dell’opposizione si lega all’esterno, il conflitto diventa quello tra la patria e potenze esterne, tra il rimanere liberi, o essere dominati.

Stiamo respingendo una feroce aggressione da fuori, con nuovi travestimenti, più pericolosi e letali di una guerra tradizionale perché non usa direttamente strumenti per colpirci, ma infiltra nel nostro interno esecutori dei suoi progetti, utilizzando un manipolo di siriani e masse di stranieri. Non ci siamo mai opposti a una soluzione politica, l’abbiamo adottata fin dal primo giorno. Abbiamo voluto il dialogo e abbiamo teso le mani a coloro che hanno un progetto politico nazionale che faccia avanzare il paese. Come è possibile un dialogo con fanatici che non praticano altro che assassinii e terrorismo? Perché dovremmo dialogare con bande comandate dall’esterno, piegarci a stranieri che gli ordinano di respingere ogni dialogo giacché sanno che il dialogo minerebbe la cospirazione per indebolire la Siria? E’ l’Occidente, non siamo noi, ad aver chiuso le porte al dialogo, poiché l’Occidente pretende di dare ordini, mentre noi siamo abituati all’indipendenza, alla sovranità, alla libertà di decisione.

Noi proponiamo questa soluzione politica (riassunto del redattore): Tutti i governi regionali o internazionali cessino di finanziare, armare e ospitare combattenti e contemporaneamente cessino le operazioni terroristiche di costoro, in modo che i rifugiati siriani possano rientrare alle loro case. Verranno fermate anche le operazioni delle Forze Armate, alle quali è riservato il diritto di rispondere agli attacchi alla sicurezza nazionale, a proprietà pubbliche e private. Dovrà essere messo in atto un meccanismo che garantisca l’osservazione di queste misure. A questo punto il governo aprirà intense conversazioni con l’intero spettro della società siriana, in vista di una Conferenza del Dialogo Nazionale che rediga una costituzione aderendo alla sovranità, all’unità e all’integrità territoriale della Siria. Si dovrà rinunciare a ogni interferenza straniera e rigettare ogni tipo di terrorismo e violenza. La nuova costituzione verrà sottoposta a referendum….
La patria è di coloro che, uscendo da ogni percorso di vita e da ogni affiliazione, hanno risposto alle invocazioni del paese, nonostante ne ricavassero torti e insulti. Hanno dato senza remore. Alcuni sono stati onorati dal martirio, ma il loro sangue ha fatto sgonfiare le false “primavere” e ha salvaguardato il popolo dall’inganno che, all’inizio, pareva poter portare frutti. Non si trattava di una primavera, ma di un incendio vendicativo che tentava di incenerire, con l’abominevole settarismo, con l’odio cieco e il separatismo, ogni cosa che gli si opponeva. Il sangue dei martiri ha protetto e proteggerà la patria e la regione, la nostra integrità territoriale, rafforzerà l’intesa tra noi, purificherà la nostra società dal tradimento  e ci eviterà un degrado morale, umano e culturale. E’ questa la più grande vittoria.

La Siria resterà come è e tornerà a essere più forte. Qualunque cosa abbiano programmato contro la Siria, non riusciranno mai a cambiarci. Il patriottismo scorre nel nostro sangue. La vostra tenacia nel corso di due anni dice al mondo intero che la Siria non accetta di morire e il popolo siriano non si lascia umiliare. Saremo sempre così. Mano nella mano andremo avanti, avanzando con la Siria verso un futuro più forte e luminoso.”

Nel discorso di Assad diretti e chiari sono anche i concetti che riguardano l'intero quadrante, la Palestina, le aspettative di quelle regioni ed i diritti di quel popolo (un popolo che non c'é come piace asserire a qualcuno), tema che la dice lunga sulle tante attenzioni – per l'appunto trasversali - puntate sullo “stato di salute” della nazione siriana.






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