La
luna nuova dell'agosto 2011 scandisce un mese di Ramadan che poco ha
in comune con la ricorrenza degli ultimi anni.
La
luna dell'agosto 2011 infatti è custode di notti diverse da sempre,
per quell'universo di emozioni ed emotività che spesso e
superficialmente viene sintetizzato nell'espressione mondo
Arabo.
Avevo scritto in un'altra
circostanza dell'attesa dell'ora di maghreb
immaginandone una visione estetica piuttosto efficace: una
moltitudine di individui, milioni, migliaia di milioni, sparpagliati
su tutti i continenti che attendono l'ora del tramonto davanti a un
televisore (ove possibile) ma comunque tutti con davanti a sé un
bicchiere, una brocca, una bottiglia di quell'acqua che si sono
negati per tutta la giornata.
Quell'acqua che è bramata ma
di cui ci si è imposto poter rinunciare in obbedienza ad un
precetto, un voto, ad una regola, ad una tradizione, ad una
appartenenza, ad un orgoglio, ad una consapevolezza, ad una unicità.
In questo agosto infame che per
molte ragioni entrerà negli annali per le menzogne e i tradimenti,
in questo agosto che verrà ricordato per i cambiamenti, le attese,
le speranzose consapevolezze di buona parte dei paesi nordafricani
mediterranei, ho avuto l'opportunità di vivere la convivialità e la
giornaliera aspettativa derivante dal digiuno.
Orbene tutti i profeti delle
tre grandi religioni monoteiste (la nostra presunzione, e mi
riferisco collegialmente ad ebrei, cristiani e musulmani, è immensa,
ci siamo costruiti una sorta di primato a danno dei “selvaggi”
siano essi animisti neri o idolatri d'oriente) hanno trovato
necessari – nel corso dei rispettivi percorsi personali – una
serie di step, di analoghi passaggi: l'estremizzazione della sobrietà
attraverso il digiuno, la solitudine del deserto, la prossimità al
cielo offerta dalla montagna.
Per gli uomini di scienza, per
gli etnologi e gli antropologi ciò va nell'ovvia conseguenza di
produrre stati di alterazione propizi all'ascesi (il buio, le droghe,
la solitudine, le privazioni) mentre forse si tratta essenzialmente –
per quanto attiene al digiuno, almeno – di voler affermare una
capacità di sobrietà, una padronanza sugli aspetti più materiali
della quotidianità, un'attitudine “prussiana” di quella che agli
occhi del turista appare – nemmeno tanto a torto – la meno
disciplinata e più approssimativa delle collettività, un iniziarsi.
Ho avuto – dicevo –
l'opportunità di condividere questo momento con amici nordafricani,
sul campo, spostandomi dalla grande città ai villaggi e i douar1
della provincia estrema, fino a confondermi nella moltitudine
casinista e frettolosa che affollava la dogana di Ben Guerdane,
all'accesso sulla Libia, proprio alla vigilia del giorno dell'Aïd....
...Non vado alla ricerca delle
tradizioni di altri per sostituirle alle mie. Non è una sorta di
romantico ed esotico malessere religioso, una sindrome da estetica
fascinazione. Gli amici di religione islamica nei primi giorni si
stupivano che – come loro – io arrivassi digiuno ed assetato
all'ora di maghreb,
il tramonto, “tu hai le tue di ricorrenze, la Quaresima, non sei
tenuto a rispettare le nostre...” mi apostrofavano all'inizio.
“Vedi, è questione di
condividere un qualcosa che ha radici comuni, quale momento migliore
per farlo? E poi è questione di rispetto” rispondevo loro “ io
sono nel vostro, di mondo, in questo momento e ci sono da ospite e
quindi per scelta condivido i vostri ritmi. Non sarei nemmeno a mio
agio a sedermi in una gargotta a mezzodì a mangiare da solo, oppure
a bermi una coca a garganella in mezzo a gente assetata. Che immagine
darei oltretutto del mio, di mondo? Chi mi vedesse per strada
potrebbe solo fare una sintesi giocoforza frettolosa, imperfetta e
negativa della cosa, del gesto. Io sono convinto di essere veicolo di
comunicazione di una cultura diversa in casa d'altri. Per me, come
per voi, ogni gesto ha un significato, non è un gioco, è un
linguaggio. E se non parliamo lo stesso linguaggio non può esserci
dialogo. Io non sono di certo un apostata se digiuno con voi, anche
Cristo ha digiunato, anche Cristo ha subito tentazioni dal
demonio...è una mia scelta, nessuno me l'impone”
Vezzo passatista?
Nostalgie di arcaismi ed
integralismi religiosi?
Quante sciocchezze!
Dove sta scritto che sia
ridicolo e da correggere o da relegare alla sfera del bizzarro tutto
ciò che è diverso da noi?
Comunque il 27 di agosto sono
nel quartiere de La Goulette, maghreb è alle diciannove in
punto, io mi siedo un'ora prima ed ho modo di scegliermi il tavolino,
non c'è nessuno ancora al ristorante Solimano
di Waywa. Quando passo da Tunisi prima o dopo trovo sempre il modo di
fermarmi a mangiar qui, la cucina non è male, e a buon prezzo. A
Tunisi, come altrove, mi trovo a mio agio ed alterno gli ambienti
alle due estremità della forbice: il ristorante di classe come Le
Golfe o la gargotta popolare. Le Golfe ha fatto la scelta strategica
di restar chiuso durante la festività, così da non aver problemi
col personale, quindi opto per l'alternativa.
Il gestore mi riconosce o fa
finta di riconoscermi, è un vecchio bastardone di commerciante che
ha il vezzo di abbigliarsi con camicie a quadri come un francese
della campagna provenzale.
A questa girata ha deciso la
sua propria rivoluzione del dopo Zine el-Abidine Ben Alì: i tavolini
scesi dal marciapiede hanno colonizzato anche lo spazio di
carreggiata che per convenzione servirebbe da parcheggio. Così ho
modo di piazzarmi ad un buon tavolino in un punto ventilato, la
giornata è stata torrida, con l'auto a noleggio ho potuto muovermi
con maggior libertà, ho profittato del pomeriggio assolato per
recarmi alla spiaggia de La Marsa, per lo più frequentata dai
residenti nel quartiere di prestigio che anni addietro era denominato
Marsa Cubes, come mi racconta Henda, insegnante, rientrata dal
Marocco per l'Aïd.
Il mio incerto, trasversale itinerario mi porta ad incontrare
persone di ogni livello sociale e tutti, appena rotto un po' il
ghiaccio, hanno come un bisogno di spontaneità, di comunicare un
qualcosa che finora era come rattenuto, soffocato. Non è solo un
comunicare, Henda entra a
gamba tesa nel merito
delle mie riflessioni, frutto anche lei di quello scambio-incontro
culturale (padre arabo andaluso e madre francese) di continenti non
mette in secondo piano l'importanza dei contatti coloniali, non
rinnega la sua parte europea né accetta una approssimativa e
modaiola critica al ruolo di quest'ultima, sembra percepisca
l'occasione di sollevare un velo su qualcosa che all'Europa sfugge...
Non è l'eccessivo, non è la
vigliacca partigianeria di facciata che fa allineare ai vincitori e
linciare gli sconfitti, è un qualcosa d'altro.
E' un insieme di euforie
positive, vissute in comunione nella società, si percepisce forte un
qualcosa che da noi mentre ad alcuni fa tremare i polsi in altri
induce ad un atteggiamento di bonario compatimento: una spiritualità
diffusa, una ricerca dell'identità...
E non lo afferma il grande
teologo, il sofista, il dotto, il nebuloso filosofo, te lo ripete la
gente, gli anziani ma anche i giovani, istruiti e non rozzi come ce
li hanno descritti, quasi tagliaborse illetterati e scarti di
banlieue....Ieri
uno chauffeur
di auto pubblica (che orrore!!! un tassinaro come interlocutore) si è
avventurato spontaneamente in una serie di dissertazioni sulle
religioni, partendo da buddismo ed induismo per giungere ad una
sintesi veloce delle tre grandi monoteiste, dichiarandosi poi un buon
cristiano. Resteremo a parlare ancora una ventina di minuti a
tassametro spento, una volta giunto a destinazione. Alla mia domanda
nemmen tanto scherzosa se fosse uomo dei servizi,
vista anche la stazza fisica, e sondasse le opinioni della gente,
rispondeva di esser si noto ai servizi – e da tempo – per questa
sua “missione”, lui ha il modo attraverso il contenitore
dell'auto di poter far riflettere, suggerire, stimolare un pensiero
alternativo. L'auto, veicolo nel doppio senso, una gabbia da cui non
puoi uscire ed in cui, in pochi, non trascendi facilmente in una
rissa. Il messaggio cristiano nella società islamica, nel nucleo
elementare, mi ricorda il messaggio che De Foucauld affidava al
capofamiglia, lui davvero strumento privilegiato della fede per
penetrare gli ambiti intimi della casa, ambiti che il prete
difficilmente può conoscere completamente...
E questo non è il momento di
dimenticare, ma di additare, di gridare all'indirizzo di un universo
di sordi e di ciechi, di egoisti e cinici, di illusi, di ingenui ed
ipocriti, che vi sono mondi diversi, e modelli di sviluppo diversi
dal nostro, e sensibilità ed entusiasmi diversi da quelli che più
non ci emozionano.
Entusiasmi.
Aspettative.
Lo so, parola grossa per chi di
aspettative non ne ha più. Parole grosse per chi l'entusiasmo lo sa
tradurre solo con il fanatismo.
Così prendo appunti, rifletto
– di certo anche a sproposito - sulla differenza tra un panettone
del supermercato ed i biscottini caramellosi e fatti in casa per
l'Aïd,
sulle famiglie che traversano mezz'Africa per ricongiungersi e poi si
spostano per mezza città per un abbraccio ai conoscenti, a spasso a
piedi per il quartiere a salutare i vicini portone per portone.
Che fatica! Meglio un buon SMS
preconfezionato.
E pensare che questi primitivi
usano Skype per tenersi in contatto con parenti ed amici lontani,
hanno confidenza quindi con la tecnologia, perché mai perderanno
tanto tempo – e denaro – per tutte queste ritualità?!
Perché ritualità è cosa
diversa da abitudine....
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1 Il douar è un insieme di tende o comunque abitazioni, costituisce il primo livello di aggregazione tribale.
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