martedì 15 gennaio 2013

...IL LAVORO...UN PAESE IN VIA DI SVILUPPO: L'ITALIA


Un dato di fatto: la politica la sviluppano i talk-show, non la fanno in Parlamento i nostri “delegati”.
Solamente di fronte ad una telecamera riescono a dimostrare il proprio dinamismo mentale nello sciorinare come una giaculatoria le frasi fatte ed i concetti privi di contenuto che per decenni hanno usato concatenare quasi in formule – esoteriche, preso atto dei risultati pressoché invisibili – algebriche: il lavoro, gli investimenti, la crescita, le infrastrutture, il sud, il turismo, il territorio, la sostenibilità. Adesso si è aggiunto un nuovo mantra che è quello dell'attrattività delle imprese straniere. Secondo l'ennesimo Professore – Ichino – che ovviamente è confluito nella schiera accademica ed illuminista dei montiani, l'adozione del testo a fronte in inglese sarebbe elemento non trascurabile per favorire l'arrivo di energie fresche (aziende straniere, noi non siamo più capaci di fare impresa) in Italia. Curiosamente aziende straniere come l'ALCOA – il colosso dell'allumnio – hanno da tempo manifestato indirizzi ben diversi sullo scenario produttivo mondiale .


Altro che traduzione in inglese, turco o cinese! Oltretutto stampa bene informata riportava che l'ALCOA fornirebbe parti strutturali dei famigerati cacciabombardieri F 35 da 120 milioni l'uno che costituiscono uno dei “ghiotti affari” del Ministero della Difesa (badate bene, non riguarda solo scelte dell'ex Ammiraglio Di Paola, ma anche amministrazioni precedenti)!


Per quanto riguarda l'impresa manifatturiera in Italia, dopo le vicende arcinote delle sovvenzioni CEE per le operazioni di partenariato in paesi “in via di sviluppo” che si sostanziarono unicamente nella traslazione “assistita” ( e anche ben pagata dalla CEE con finanziamenti anche sui semplici progetti e business planning ) di know-how obsoleto in paesi in cui la manodopera ha un costo prossimo allo zero, dopo i premi continui e gli incentivi (piani di recupero urbanistico a pioggia, con trasformazioni di opifici in palazzoni dormitorio) alle dismissioni di attività produttive operate da “imprenditori fenomeno” che hanno sterilizzato interi distretti, andandosi a creare la concorrenza all'estero, vien da pensare che un sano protezionismo potrebbe incentivare non stranieri ma italiani a riaprire i battenti.
Si, perché  – siamo pur sempre figli e tributari di questo modello di sviluppo, per quanto folle esso sia e dei suoi meccanismi - ammesso e non concesso che la tanto rammentata “crescita” sia un qualcosa di perseguibile, acciocché questa non resti una semplice affermazione di principio la si deve sostanziare.

Quindi, senza "rannicchiarci" in una sterile autarchia e senza continuare a bere come acqua fresca le baggianate di chi non capisce - o finge di non capire  - che il problema del debito sta nei meccanismi finanziari : con la Banca Pubblica il governo non paga interessi, ma reinveste! E sono gli interessi la chiave di lettura di tutto! E' l'uovo di Colombo. Non è il fattore positivo! E' il negativo, il debito, che fa ricchezza, certo non la nostra.
Basta con l'ascoltare soloni che non ci dicono  che " a livello mondiale il 40% delle banche sono di proprietà pubblica" !  E poi questi "saggi" sono legati a poteri veramente "forti", veri e propri mostri come Goldman Sachs, le cui responsabilità sul default della Grecia sono ben altra cosa che non i Giochi Olimpici (sic)...

Per le produzioni, se il Brasile ad esempio, applica una tassazione più o meno del 70% sulle importazioni di – che so – abbigliamento, nei generi ritenuti di lusso rientrano liquori, auto, anche target di quella che sarebbe invece la classe media, il che possiamo non condividere ma può darci uno spunto: incentiviamo la produzione interna in questo modo, incentiviamo gli imprenditori ad operare in Italia – e non nel sommerso – con una produzione sana, agevolata da cinque, sei anni di detassazione totale. Potremmo quindi fare un po' come facevano nei paesi in via di sviluppo, dalla Tunisia al Marocco, nella “zona franca di Tangeri” nata nel 1999, chi si insediava in queste aree godeva di detassazione ultradecennale, e noi mi sapete spiegare se siamo – oggi – qualcosa di diverso da un paese in via di sviluppo?


Io sono convinto che - nell'attitudine sparagnina di tanti sedicenti ( e dalla veduta miope) imprenditori questo e solo questo potrebbe essere l'incentivo, la molla.  Parlare di coscienza e di indotto con certi soggetti è pura, utopica dabbenaggine, devi parlar la loro lingua: l'interesse, anzi in volgare "l'interesso" (è singolare maschile...), hai il capannone? non lo ristrutturi in abitazioni, nemmeno se il progetto lo ribattezzi pomposamente come rigenerazione urbana, non prendiamoci per i fondelli, hai il capannone vuoto perchè il tuo settore è in crisi? vediamo se è vero o se ti sei spostato in Cambogia e paghi 200 Riel  (1 Euro = 5000 Riel) una camicia! In questo caso paghi anche le tasse sul capannone vuoto!  La follia è stata l'accanimento sui fondi sfitti - anche negozi con rendite catastali altissime - ma inattivi (perchè c'è crisi) che il governo Monti ed i suoi sostenitori e sodali hanno imposto. Eppure altri professori, come il Piga , avevano fin da subito, fino dal dicembre 2011, lanciato l'allarme. Ed anch'essi erano accademici, ma non di regime!


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