No,
le votazioni – proprio come gli
esami – non finiscono mai.
esami – non finiscono mai.
Riflessioni sul Referendum,
il dopo e ...su Trump.
NO. ma perché??? Perché NO!
Il
NO e il SI. Una questione antica, in molti ambiti della nostra
vita.
Da
sempre il SI appare la scelta più facile, è accomodante,
rassicurante, legittimante.
Il
NO vien fatto apparire come emblematico di un atteggiamento di
chiusura, quindi ottuso (alla lettera e non), espressione di paura,
di eccesso autoritaristico.
“Mi
dai una caramella?” “NO”
“Posso
uscire stasera con i miei amici per andarcene a bere qualcosa e poi
sbronzi correre in auto in discoteca?” “NO”
Scherzi
a parte la formula elaborata per proporre questa “riforma
costituzionale” sembra voler utilizzare (anche) le reazioni che
questi due monosillabi innescano in noi: il SI rappresenterebbe la
positività mentre il NO una sorta di rannicchiamento su sé
stessi.
E’
più facile dire SI che NO,
nella contemporaneità, anche nell’educazione, la relativa
permissività (o meglio irresponsabilità o de-responsabilizzazione)
del soggetto attore
è stata da tempo premiata ed elevata a valore determinando
nuovi ed impossibili livelli di responsabilità – di rimando –
nel soggetto che si interfaccia (per es. figlio/a).
E’
più facile, sorridendo, portare perline colorate e specchietti ai
selvaggi affamati di “modernità” e di cose mai viste, creare
bisogni e desideri, è facile creare consenso ad un “liberismo”
appagatore di desideri futili ed accessori, appunto accessori, è più
proficuo far SI’
che “ il superfluo
divenga più indispensabile del necessario ”
in ossequio alle leggi del liberismo, consolidato
nuovo
luminoso orizzonte del
governo italiano e della governance
globale (non soltanto europea).
Infatti possiamo affermare ,
oggi, che dopo una diffusa pratica di
smantellamento dello stato sociale, di svendita del patrimonio
pubblico, di sterilizzazione
del concorso democratico alle scelte del Paese,
la gente non è più disposta
ad accontentarsi
di specchietti e
perline. Il Brexit, che si
cerca di annullare aggirando il voto popolare, ne è un esempio. La
guerra – vera e propria, sotto forme diverse – alla Russia,
guerra in cui l’amministrazione Obama ha voluto invischiare anche
il vassallo Renzi, corso dal re nudo col proprio giullare di corte,
appare oggi come una orripilanza strategica partorita da dementi e
affidata ad accattoni.L’esempio delle presidenziali americane è un altro dei tasselli di questo scenario. Già il 18 ottobre scorso Donald Trump aveva acquisito il consenso della maggioranza degli stati dell’Unione, ma la stampa non dava diffusione alla notizia. La lobby criminale che gli si oppone, battuta nei seggi ma non sconfitta (in America i Presidenti li ammazzano e anche spesso) attende il 19 dicembre, la data di riconferma dei dati elettorali, fase tutt’altro che scontata visto la posta e gli sforzi titanici messi in gioco. Jill Stein, una pressoché sconosciuta candidata del Green Party (di disturbo) ha chiesto – e dovrà pagare, in America si paga – il riconteggio delle schede per presunti brogli in Michigan, Wisconsin e Pennsylvania, il costo di tali operazioni si aggirerebbe intorno ai 9,5 milioni di dollari. Vien da chiedersi chi finanzi tale operazione ad una candidata più che trombata (La Stein fa parte, nel voto popolare, di quella miscellanea di piccoli partiti che hanno raccolto, tutti insieme, lo 0,7 % ) ?
Il Renzi contava ed ha
investito sul voto degli italiani all’estero. E questo è davvero
un ulteriore punto serio della questione. Che italiani sono
quelli all’estero? Che ne sanno delle problematiche nostre e che
titolo ha il loro voto di esuli volontari? Domani sapremo nel dettaglio quale Italia è quella che "vive" l'estero e come si è espressa nel merito dei contenuti dl referendum, ma il tema è un tema da affrontare, è un tema "etico", una vera e propria questione morale come piaceva dire ai PD in altra epoca...
Non punto il faro
nemmeno sulla questione del costo – enorme – del far votare
questi soggetti, solo nominalmente connazionali, inseguiti
(letteralmente) da messaggeri per isole tropicali e città straniere
di tutti i continenti. NO, mi chiedo semplicemente: che senso ha per
gente che ha optato per l’estero il votare per le scelte di chi è
rimasto in Italia. This is the question.
Dopo l’affermazione
del NO, esattamente come dopo il NO greco e il voto sul Brexit,
dovremo attenderci la giravolta della politica in combine con
gli strateghi dell’usura europeisti finalizzata a stravolgere il
parere degli italiani? Cosa instaureranno, un nuovo governo “tecnico”
e/o di “transizione”? Perché non vi è dubbio alcuno che il
volto dell’europa usuraia apparirà sotto un’altra forma,
lo spread, le menate delle agenzie di rating, la
minaccia populista, l’antipolitica…
E con la vittoria del
NO, a Firenze cambierà qualcosa in merito alla scelta demenziale del
nuovo aeroporto? L’opera infrastrutturale destinata – come ogni
brava opera infrastrutturale – a far crescere il debito e fornire
campi d’azione a finanzieri e imprenditori sotto l’alibi di
“posti di lavoro” quanto mai effimeri e raramente legati al
territorio.
Oppure, al solito,
dovremo sorbirci il teatrino delle dimissioni, la salita al Colle
(l’ascensione) e il rinvio da parte del Presidente alle Camere,
dove la coalizione malsana dei Renzi/Verdini avrà il conforto del
numero (il)legale? Allora, al solito, avrà vinto comunque il SI.
Per
quanto attiene specificamente i contenuti della bocciata
riforma Renzi-Boschi (due
“cervelli” storicamente riconosciuti ed affermati in ambito
costituzionale, specie dopo l’apparizione
del primo
alla “Ruota
della Fortuna”) ritengo
comunque utile
per chi mi legge riepilogare i contenuti salienti della stessa, ed
allo scopo utilizzo volentieri una scaletta presa in prestito dal
sito pressenza
ed uno specchietto comparso sul sito del Comitato per il NO.
E questo perché non si dimentichi il momento storico che ha portato davvero una moltitudine di italiani alle urne, a livello di plebiscito. Poi, da domani, forse vedremo "notti dei cristalli" in qualche sede di partito, con i Cuperlo e i vari Quisling a cercare di convincere ancora...
-
La riforma attribuisce la deliberazione dell’eventuale stato di guerra (art. 78 della Costituzione) soltanto alla Camera dei deputati, escludendo il Senato. È vero che tale deliberazione non sarà più presa a maggioranza dei presenti in aula, ma dovrà essere approvata a maggioranza assoluta degli aventi diritto. Occorre però tenere conto che la nuova legge elettorale (detta “Italicum”) attribuisce la maggioranza dei seggi al primo partito che supera il 40% dei voti oppure che si impone al ballottaggio tra i primi due, indipendentemente dai consensi ottenuti al primo turno. Ciò significa che di fatto a decidere un eventuale stato di guerra saranno i rappresentanti di una minoranza del popolo italiano, diventati decisivi soltanto grazie ad un discutibile premio di maggioranza. È evidente che consegnare anche una decisione così importante per il futuro di un Paese nelle mani dei rappresentanti di un solo partito (tendenzialmente minoritario) è oggettivamente molto rischioso. Tra l’altro questo è un esempio di come le modifiche alla seconda parte della Costituzione possono incidere anche sui principi fondamentali, perché è evidente che se passasse il progetto di revisione, avremmo come conseguenza effettiva un indebolimento dell’art. 11 della Costituzione.
-
Il Senato non verrà più sciolto, ma ciascun senatore verrà sostituito quando verrà rinnovato l’organo elettivo da cui proviene, cioè un consiglio regionale o comunale. Dato che le Regioni e i Comuni vengono eletti anche in tempi diversi, ci saranno consistenti sostituzioni di membri del Senato in diverse fasi di una legislatura relativamente alla Camera. Questa situazione renderà difficoltoso il lavoro delle Commissioni del Senato, perché chi subentrerà, troverà sempre un lavoro già iniziato, del quale dovrà prendere visione prima di poter dare il proprio contributo.
-
Per diventare senatori è necessario essere anche sindaci o consiglieri regionali. Attualmente questa combinazione è vietata, per due evidenti ragioni. Anzitutto perché non si possono svolgere bene contemporaneamente due attività così importanti e impegnative. E poi perché il Parlamento e i Consigli Regionali sono due organismi legislativi distinti, in potenziale conflitto di interesse. Con la riforma costituzionale si rovescia totalmente la prospettiva. Ma nessuno ha spiegato come sia possibile superare le due obiezioni della contemporaneità e della sovrapposizione di ruoli.
-
I senatori non riceveranno alcun emolumento. Sono dei volontari, che dovrebbero svolgere questo volontariato a scapito dell’attività per la quale sono retribuiti dalla collettività, cioè fare il sindaco o il consigliere regionale. Sarebbe come dire che un medico in organico in un ospedale pubblico, ogni giorno si assenta per alcune ore dalla sala operatoria per andare a fare il volontario sull’ambulanza della croce rossa. Ha senso tutto questo?
-
La procedura legislativa ordinaria prevede che le leggi siano approvate dalla Camera. Il Senato ha dieci giorni di tempo per chiedere di esaminarlo su richiesta di un terzo dei suoi componenti. Com’è possibile che i senatori (tutti part-time per le ragioni suddette) abbiano il tempo di leggere con attenzione ogni legge approvata dalla Camera, di valutare se sia opportuno chiederne l’esame e nel caso di trovare il consenso di almeno un terzo dei componenti (dei quali sicuramente una parte assente perché impegnata nell’altro part-time remunerato)? Con meno ipocrisia sarebbe stato più corretto scrivere in Costituzione che il Senato non può esaminare le leggi approvate dalla Camera.
-
Il progetto di riforma costituzionale stabilisce che “il Regolamento della Camera dei deputati disciplina lo statuto delle opposizioni”. Dato che il Regolamento della Camera viene approvato a maggioranza semplice, significa che lo statuto delle opposizioni verrà deciso dalla maggioranza. Come se affidassimo al gatto la decisione su che cosa può fare il topo! Anzi, dato che con il premio di maggioranza in realtà la maggioranza dei parlamentari non rappresenta la maggioranza dei cittadini, potremmo rovesciare la metafora: sarà il topo a decidere che cosa può fare il gatto!
-
Le leggi elettorali – con la riforma – potranno “essere sottoposte, prima della loro promulgazione, al giudizio preventivo di legittimità costituzionale da parte della Corte costituzionale, su ricorso motivato presentato da almeno un quarto dei componenti della Camera dei deputati o da almeno un terzo dei componenti del Senato della Repubblica”. Senza entrare nel merito della questione, viene da chiedersi perché per la Camera si stabilisca una soglia del 25%, mentre per il Senato si alzi il quorum al 33%. Che senso può avere?
-
Con la revisione viene abolito il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), che attualmente è uno dei due “Organi ausiliari” (l’altro è il Consiglio di Stato) che fanno parte del Governo, oltre al Consiglio dei Ministri e alla Pubblica Amministrazione. Dato che non verrà sostituito da nessun altro Ente, significa che il Governo farà a meno “di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive” che possono “contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale” (art. 99). Insomma, si vuole diminuire il ruolo della società nel Governo del Paese. Non sarebbe stato meglio, al contrario, dare più spazio alle formazioni sociali?
-
Dalla Costituzione spariscono le Province (salvo alcuni casi come Trento e Bolzano), ma restano le Città metropolitane (che in varie situazioni corrispondono al territorio di alcune Province) e la possibilità di costituire “enti di area vasta”. La più significativa differenza sta nel fatto che i rappresentanti delle Province, come già stabilito dalla cosiddetta Legge Del Rio, non vengono più eletti dal popolo, ma sono il risultato di accordi tra forze politiche. Insomma, nominati e non più eletti, come per il Senato. Sicuramente un passo indietro nella partecipazione alla gestione della “cosa pubblica”.
-
L’abolizione delle Province avrebbe potuto comportare la contemporanea abolizione delle Prefetture a livello provinciale. Invece, restano i Prefetti, che sono estensione dei poteri del Governo. Negli anni della Costituente Luigi Einaudi proponeva di abolire proprio le Prefetture per favorire il decentramento, come prevede l’art. 5 della Costituzione. Anche in questo caso emerge la tendenza al “centralismo”, che permea in profondità la revisione costituzionale voluta dal Governo.
salve
RispondiEliminaha vinto il NO e quindi questo è un buon lunedì, lunedì che sarebbe potuto essere epocale s ein Austria non avesse "vinto" il Renzi locale.
Io che detesto l'ANPI e Fiorella Mannoia, ho votato come loro perchè, a differenza loro, se una cose è buona ma non viene dalla mia parte, la sostengo egualmente perchè: di fronte alla Nazione, perisca la fazione...
saluti
Piero e famiglia
Buon lunedì a tutti noi, quindi.
RispondiEliminaSi, hai perfettamente ragione, è un buon lunedì,almeno per qualche ora non andiamo a prefigurare i contro-scenari che verranno messi in atto da "troike" varie per parare il colpo, altrimenti non siamo mai contenti!
Dici benissimo, sono i contenuti da appoggiare, se condivisi, non le confezioni. In Austria il candidato sorosiano l'ha spuntata, vedi che la Storia difficilmente insegna qualcosa, eppure un'Anschluss l'avevano già vissuta gli austriaci, vorrà dire che ne rifaranno l'esperienza, per l'appunto con un'altra confezione, poveri illusi o ingenui, proprio mentre cominciano a filtrare ufficialmente le notizie del diretto coinvolgimento di note ONG nell'organizzazione di quel vero e proprio "turismo mediterraneo unidirezionale" che è il business dei trasferenti o migranti o pseudo profughi.
Mi ero ripromesso una riflessione successiva sul voto degli italiani all'estero, una volta acquisiti i dati corrispondenti, adesso vediamo che gli aventi diritto sono più di 4 milioni, un bel numero e comprendiamo altrettanto bene come mai fosse riposto grande affidamento dal Renzi su questa platea: il dato è esattamente in controtendenza - sotto tutti i profili - con quello interno italiano, ha votato di loro soltanto il 30% (disinteresse) contro il 70% dei votanti interni ed il risultato è anch'esso rovesciato, il 65% al si e il 34 al no. Possiamo commentare che - a prescindere dallo schieramento per il perdente di turno - i dati salienti sono due: il costo sostenuto per dar diritto al voto a 4 milioni di individui e la dimostrazione che trattasi di soggetti sostanzialmente privi di interesse per l'Italia e la cosa pubblica. Possiamo trarne le conseguenze in termini di perdita del diritto di voto? Forse questa modifica è l'unica da prevedere.
RispondiElimina